mercoledì 28 gennaio 2015

Tommaso D'Aquino e Rolando Rivi




Non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso.

La liturgia odierna che celebra il Santo di Roccasecca, detto dai suoi compagni di studio “bue muto” per il suo essere schivo e robustello, ci propone la Croce di Cristo come sapienza per la vita.

Scrive San Tommaso:
Chiunque vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò. Nessun esempio di virtù infatti è assente dalla croce.

Infatti la Croce è carità:
Se cerchi un esempio di carità, ricorda: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13).

La Croce è pazienza.
Se cerchi un esempio di pazienza, ne trovi uno quanto mai eccellente sulla croce. La pazienza infatti si giudica grande in due circostanze: o quando uno sopporta pazientemente grandi avversità, o quando si sostengono avversità che si potrebbero evitare, ma non si evitano.
Ora Cristo ci ha dato sulla croce l'esempio dell'una e dell'altra cosa. Infatti «quando soffriva non minacciava» (1 Pt 2, 23) e come un agnello fu condotto alla morte e non apri la sua bocca (cfr. At 8, 32).

Ma la Croce è anche umiltà, obbedienza e disprezzo dello mentalità di questo mondo.

La Croce è una scuola di vita cristiana, sulla via della Croce si impara ad essere discepolo e quindi si impara ad essere sale e luce:
Voi siete il sale della terra; …. Voi siete la luce del mondo.

Il grande San Tommaso d’Aquino educò con i suoi scritti generazioni e generazioni di cristiani alla scuola della Croce, per renderli veri discepoli di Cristo.

Chissà quante volte il piccolo Rolando ha visto il suo parroco leggere le orazioni in preparazione alla Messa, di cui una è del Santo d’Aquino:
Onnipotente ed eterno Iddio, ecco che io mi accosto al Sacramento del Figlio tuo unigenito nostro Signore Gesù Cristo: mi accosto come infermo al medico della vita, come immondo al fonte della misericordia, come cieco al lume della chiarezza eterna, come povero e bisognoso al Signore del cielo e della terra. … Concedimi ti prego, che io riceva non solo il Sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, ma anche la grazia e la virtú di questo Sacramento.

La vita del giovane martire Rolando è certamente sacramento, cioè presenza di Cristo, perché ogni vero testimone di Cristo è Sua presenza: è sale e luce.
Il martirio di Rolando ci da il gusto di Dio, ci pensare come è bella una vita tutta in Dio: “Io sono di Gesù”, come diceva Rolando.
Così come il suo parroco pregava con l’orazione di San Tommaso nella Praeparatio ad Missam:
ch'io riceva cosi il Corpo dell'unigenito Figlio … così che io meriti d'essere incorporato al suo mistico corpo ed annoverato fra le sue mistiche membra.
Una vita - quella di Rolando - che è ora luce sul lucerniere alla Chiesa, annoverato tra i Dottori, i Vescovi, i Sacerdoti, le Vergini, i Genitori … lui un semplice ragazzo.

L’Aquinate nella sua Somma Teologica scrive: «il martirio meglio di tutti gli altri atti virtuosi dimostra la perfezione della carità»
Rolando è la carità di un bambino verso di noi? Rolando è la carità di Dio verso di noi? Rolando è segno profetico di una riconciliazione dell’umanità del XX con il suo Signore?
 


 
Rolando con la sua morte è un segno che una vita è veramente cristiana se diventa veramente di Gesù! Amen.