venerdì 5 luglio 2013

Venerdì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

S. Antonio M. Zaccaria




“Isacco introdusse Rebecca nella tenda che era stata di sua madre Sara; si prese in moglie Rebecca e l’amò”.

Continua la vicenda di Abramo.
Muore in longeva età Sara; lo sposo fa un lungo lutto, poi spera per il futuro di Isacco, facendo memoria della benedizione di Dio.

Anche Isacco vive la benedizione di Dio, la possiamo scorgere nella scena in cui egli introduce Rebecca nella sua casa… “e l’amo”.

Ben dice il salmista:
“Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre”.

L’amore di Dio per il suo popolo è per sempre.
Gesù – salvezza d’Israele – perpetua il suo amore per il suo popolo, e va in cerca delle “ pecore perdute della casa d'Israele”. Egli “risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte”
 


 
Ieri avevamo scoperto che Gesù guarisce con il potere del perdono.
In questa pagina di Mt 9, 9-13, la salvezza non è tanto fisica, ma di stile, Gesù da una nuova dignità a Matteo: Gesù è venuto a chiamare i peccatori e non i giusti, scegli tra suoi Apostoli un peccatore perché è certo che così avrà un gruppo di discepoli pieni di compassione: solo chi è stato peccatore può sostenere il progetto di un Dio che è venuto a salvare con il potere del perdono.

Questa vicenda di Matteo è curiosa.
Gesù parte sempre dalla debolezza per manifestare la gloria.
Direbbe San Paolo: “abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi”.

Anche la vicenda di Sant’Antonio Maria Zaccaria è curiosa: un medico che diventa prete, e poi fonda tre famiglie religiose (Chierici Regolari di San Paolo detti Barnabiti; Angeliche di San Paolo e i Coniugati (Maritati) di San Paolo … come capite lo Zaccaria si ispira al fervore apostolico dell’Apostolo Paolo).

La vita di S. Antonio M. Zaccaria … una vita senza alcun evento straordinario. Ciò che fu straordinario fu lo spirito con cui visse la sua breve esistenza (muore a 37 anni!). Era un medico e perciò fece una diagnosi dei mali del suo tempo. Si accorse che la malattia che affliggeva la Chiesa in quell'epoca era la tiepidezza. Si trattava dunque di "distruggere questa pestifera e maggior nemica di Cristo Crocifisso, la quale sí grande regna ai tempi moderni".

E come ben si può capire il XVI secolo è uguale al XXI secolo!
 


 
Dopo la diagnosi, la terapia: la tiepidezza doveva essere rimossa con il suo antidoto, il fervore. Egli volle che i suoi figli fossero "piante e colonne della rinnovamento del fervor cristiano". Scrivendo alle Angeliche, alla vigilia della missione veneta, le esortava: "O figliole care, spiegate le vostre bandiere, che presto il Crocifisso vi manderà ad annunziare la vivezza spirituale e lo spirito vivo dappertutto". Nella sua ultima lettera, rivolta a una coppia di sposi, egli ci lascia questa eredità: "Non pensate che l'amore che io vi porto, né che le doti che sono in voi possono fare che desideri che siate santi piccoli. Vorrei, e desidero, voi siete fatti, se volete, a diventare gran santi, purché vogliate crescere e restituire piú belle quelle doti e grazie al Crocifisso, dal quale le avete".

Ancora noi oggi viviamo due insegnamenti di questo sconosciuto, ma straordinario riformatore della Chiesa: le Sante Quarantore pubbliche e il suono della campanella alle 3 pomeridiane in ricordo della morte del Signore, due segni che servono per estirpare la tiepidezza e far esplodere il fervore!

Infine per ritornare al tema della guarigione con il potere del perdono, ecco cosa scrive in una sua esortazione S. Antonio Maria Zaccaria:

“Coloro che ci avversano, mentre fanno male a se stessi, perché provocano contro di sé lo sdegno di Dio, fanno però del bene a noi, perché ci accrescono la corona della gloria eterna. Dobbiamo quindi compiangerli e amarli, piuttosto che disprezzarli e odiarli. Anzi, dobbiamo pregare per loro e non lasciarvi vincere dal male, ma vincere il male con il bene e ammassare sopra il loro capo atti di pietà, come carboni ardenti (Rm 12, 20) di carità - come ci ammonisce il nostro Apostolo - in modo che essi vedano la nostra pazienza e mitezza, ritornino ad una via migliore e si accendano di amore per Dio”.
Amen.