venerdì 14 giugno 2013

Venerdì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)


INRI
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"Abbiamo un tesoro in vasi di creta"
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JHS

1
“Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi”. (2Cor 4)

Parole meravigliose quelle di San Paolo. Egli è consapevole della propria fragilità, si conosce infatti bene, sa chi era e sa chi è.
Ma Egli è convinto che attraverso la nostra umanità il Signore manifesterà la sua potenza. Infatti è nella strada della fragilità della carne, l’Incarnazione, che Dio ha scelto la via in cui manifestare la sua straordinaria potenza.

Pensate alla storia della Chiesa: non è attraverso l’umanità di tanti uomini e donne, che noi chiamiamo Santi, che si è manifestata la gloria di Dio. Credete che i Santi fossero più bravi noi? Essi erano vasi di creta, come noi, ma hanno scelto di essere riempiti di Dio per manifestare così la straordinaria sua potenza.
Scrivo infatti l’Apostolo Paolo a Timoteo:
“In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di legno e di argilla; alcuni per usi nobili, altri per usi spregevoli. Chi si manterrà puro da queste cose, sarà come un vaso nobile, santificato, utile al padrone di casa, pronto per ogni opera buona”. (2 Tm 2,20ss)

Noi nella casa di Dio tra gli uomini, la Chiesa, siamo vasi di creta pronti e disponibili per ogni opera buona affinché si manifesti che apparteniamo a Dio.

2
“In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale”. ( 2Cor 4)

Ecco la Chiesa, noi: un popolo tribolato, sconvolto, perseguitato, colpito, che porta ovunque la morte di Cristo perché nella debolezza del corpo appaia la grandezza del Capo: perché nella nostra vita e con la nostra vita si manifesti la vita di Gesù.
“Gesù, ama col mio cuore, io amo col tuo; parla con la mia lingua, o Gesù; pensa con la mia mente, benedici con le mie mani, cammina coi miei piedi, soffri con le mie membra.”. (Padre Mario Borzaga).

Un popolo, la Chiesa, noi, che non può essere schiacciato, disperato, abbandonato, ucciso, perché esso si regge sulla Croce di Cristo affinché nella Croce risplenda la Resurrezione.

Infatti dice l’Apostolo Paolo ai Corinzi: “convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi”. ( 2Cor 4)

3
Un popolo, la Chiesa, noi, che mira alle alte vette, perché così gli viene chiesto dal suo Signore. Già lo diceva il Vangelo di ieri.
Gesù chiede un misura alta della vita: “se la vostra giustizia non supera…”, la formalità o il perbenismo. Non basta non uccidere, rispettando il comandamento, bisogna amare, rispettare il fratello.
Bisogna cercare sempre il giusto nelle relazioni fraterne, ma non secondo il proprio senso di giustizia, ma secondo la giustizia di Dio.
Oggi è il caso specifico del matrimonio.
“Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico….” (Mt 5)

Gesù non accetta nessuna possibilità di infedeltà. L’immagine della nozze è un’immagine sacra al Signore: è l’unione che lo unisce al suo popolo la Chiesa. Egli è lo sposo e la Chiesa è la sposa.

Qui ben ci stanno le parole dell’Evangelista Giovanni:
«Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire». (Gv 3)
Ecco la nostra gioia sarà piena se nel nostro vaso di creta togliamo “il mio” e mettiamo “il tuo”: “Gesù, ama col mio cuore, io amo col tuo”.

Gesù poi nel Vangelo odierno prosegue donandoci un suggerimento di perfezione:
“Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te …”. (Mt 5)
A tal proposito mi sovviene alla mente un episodio della vita di Sant’Antonio da Padova, la cui memoria era ieri.

È Il miracolo del piede.
Un grande stupendo miracolo fu causato da una confessione. Un uomo di Padova, di nome Leonardo, una volta riferì all'uomo di Dio, tra gli altri peccati di cui s'era accusato, di avere percosso con un calcio la propria madre, e con tale violenza da farla cadere malamente per terra. Il beato padre Antonio, che detestava fieramente ogni cattiveria, in fervore di spirito e in aria di deplorazione, commentò: "Il piede che colpisce la madre o il padre, meriterebbe di essere tagliato all'istante".

Quel sempliciotto, non avendo capito il senso di tale frase, nel rimorso per la colpa commessa e per le aspre parole del Santo, tornò in fretta a casa e subito si recise il piede. La notizia di una punizione tanto crudele si diffuse in un baleno per tutta la città, e fu riportata al servo di Dio. Il quale si recò difilato da colui e, premessa un'angosciata devota orazione, congiunse alla gamba il piede mozzato, facendovi il segno della croce.

Cosa mirabile! Non appena il Santo ebbe accostato il piede alla gamba tracciandovi il segno del Crocifisso, passandovi sopra dolcemente per un poco le sue sacre mani, il piede di quell'uomo restò inserito nella gamba così celermente, che tosto colui si alzò allegro e incolume, e si mise a camminare e saltare, lodando e magnificando Dio e rendendo grazie infinite al beato Antonio, che in maniera così mirabile lo aveva risanato (Benignitas 17,36-40).

Alla fine cosa impariamo dal suggerimento evangelicaoe dal racconto:
“u devi giudicare te stesso e, trovandoti distorto, non lusingarti ma correggerti, diventando dritto, in modo che ti piaccia Dio, il quale è retto. In effetti, Dio, che è retto, non piace a chi è tortuoso. Vuoi che ti piaccia colui che è retto? Sii retto!”
(S. Agostino, Discorso 49)

4
infine. Il Vangelo di oggi torno sul tema del matrimonio, senza nessuno sconto.
C’è solo una questione che Gesù pone come elemento di novità, valida anche per la prassi della Chiesa sulla nullità del matrimonio, afferma il Vangelo: “eccetto il caso di unione illegittima”. (Mt 5)

Che significa?
Che un matrimonio è nullo, non valido, perché celebrato in modo illegittimo.
Entriamo qui nel Diritto Canonico. Per farla semplice ci sono diversi elementi di nullità: sulla persona e sulle sue opere (che il Diritto chiama “comportamento delittuoso”). Tra i primi: l’età, l’impotenza assoluta e perpetua; un vincolo matrimoniale ancora sussistente di un precedente matrimonio valido; l’Ordine sacro o voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso; la disparità di culto.
Tra i secondi: il rapimento a scopo di matrimoni e il crimine, cioè l’uccisione di un coniuge per sposarne un altro.
Questi elementi – e molti altri che qui non elenco – delineano un matrimonio non legittimo e quindi nullo, per cui la Chiesa, in obbedienza al Vangelo, può definire la nullità del matrimonio fin dall’origine, cioè dalla sua celebrazione.
“La grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio”. (2Cor 4). AMEN.