venerdì 17 maggio 2013

Venerdì della VII settimana di Pasqua





“Avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo” (At 25)

Questa nuova pagina del libro degli Atti ci pone una questione importante. Non tanto la vicenda dell’Apostolo Paolo, ma quanto la sua consapevolezza: “Gesù … vivo”.

Se la vicenda paolina ruotasse intorno una persona morta, prima o poi, l’Apostolo si sarebbe arreso, avrebbe ripudiato le sue teorie, umiliandosi avrebbe chiesto scusa e sarebbe ritornato a fare le tende. Invece la forza di Paolo sta nel fatto che Gesù è vivo. E la sua consapevolezza è così viscerale che il fariseo di Tarso è forte nella professione di fede.

Questo penso sia il segreto dell’ardore apostolico di Paolo, ma anche della sua fortezza nella persecuzione.
Egli racconterà nelle sue lettere il coraggio trovato in Dio per annunciare il Vangelo:

“Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte”. (2Cor 12,10)

“Ma, dopo aver sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte”. (1Ts 2,2)

Essere di Cristo comporta molto coraggio!
Ma per Paolo avere coraggio significa partecipare dell’opera salvifica di Cristo.

“Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa”. (Col 1,24)
“Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna”. (2Tm 2,10)

È questo il segreto della santità: partecipare al progetto salvifico di Gesù Cristo.
Dentro questo segreto c’è l’amore.
Si, perché l’amore del Crocifisso risorto è riversato sulla terra, accolto: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene», con coraggio, genera altro amore.

La santità è un amore coraggioso!

Concludo con tre pensieri dei tre ultimi pontefici:
Papa Giovanni Paolo II nell’omelia di canonizzazione di Padre Leopoldo:
“Tra le esperienze del nostro tempo, tra le minacce che incombono sulla grande famiglia umana, tra le lotte dei popoli e delle Nazioni, tra le sofferenze di tanti cuori e di tante coscienze umane, non possiamo mancare di dare la testimonianza: “Dio è amore . . . l’amore è da Dio . . . noi abbiamo creduto all’amore”.

Papa Benedetto XVI nel messaggio di Quaresima 2013:
“Quando noi lasciamo spazio all’amore di Dio, siamo resi simili a Lui, partecipi della sua stessa carità. Aprirci al suo amore significa lasciare che Egli viva in noi e ci porti ad amare con Lui, in Lui e come Lui; solo allora la nostra fede diventa veramente «operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6) ed Egli prende dimora in noi (cfr 1 Gv 4,12).
La fede è conoscere la verità e aderirvi (cfr 1 Tm 2,4); la carità è «camminare» nella verità (cfr Ef 4,15). Con la fede si entra nell'amicizia con il Signore; con la carità si vive e si coltiva questa amicizia (cfr Gv 15,14s). La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore e Maestro; la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica (cfr Gv 13,13-17). Nella fede siamo generati come figli di Dio (cfr Gv 1,12s); la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina portando il frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22). La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; la carità li fa fruttificare (cfr Mt 25,14-30)”

Papa Francesco nel omelia del 14 Maggio 2013:
Vieni, Spirito Santo, vieni e dammi questo cuore largo, questo cuore che sia capace di amare con umiltà, con mitezza ma sempre questo cuore largo che sia capace di amare”.

Potrei ancora dirvi perché amo San Leopoldo, ma già queste mura hanno ascoltato della mia simpatia per il piccolo santo cappuccino di Dalmazia.

A lui chiediamo solo di intercedere per noi perché anche noi come lui, alla scuola del cenacolo e del calvario, impariamo l’unico linguaggio che dice la pienezza dello Spirito di Cristo: l’Amore!
Amen.

Umile mistico dell'Eucaristia!

San Pasquale Baylon, francescano




San Pasquale Baylon è nato il giorno di Pentecoste, il 16 maggio 1540, a Torre Hermosa nel regno spagnolo di Aragona, e morto nei pressi di Valencia, a Villa Real il 17 maggio 1592, giorno di Pentecoste, quest'umile "frate laico" che non si sentì degno di accedere all'ordine sacerdotale, fu davvero "pentecostale", cioè favorito dagli straordinari doni dello Spirito Santo, tra cui il dono della sapienza infusa.

È contemporaneo di altri quattordici grandi santi spagnoli; i gesuiti S. Ignazio di Loyola (+1556), S. Francesco Borgia (+1572) e S. Alfonso Rodriguez (+1617); i carmelitani S. Giovanni della Croce (+1591) e S. Teresa di Gesù (+1582); S. Caterina Thomàs (+1574), canonichessa agostiniana e S. Tommaso da Villanova (+1555), eremitano di S. Agostino; S. Pietro d'Alcantara (+1562), S. Salvatore da Horta (+1567) e S. Francesco Solano (+1610), frati minori francescani; S, Luigi Bertràn, domenicano; S. Giovanni de Ribera (+1611), arcivescovo di Valenza; S. Turibio Alfonso de Mogrovejo (+1606), arcivescovo di Lima; S. Giovanni di Dio (+1550), fondatore dei Fatebenefratelli, portoghese, ma spagnolo di adozione.

San Pasquale Baylon, illetterato, trascorse gli anni della vita religiosa svolgendo la modesta mansione di portinaio, ma è considerato addirittura "il teologo" dell'Eucaristia, non solo per le dispute che egli sostenne con i calvinisti di Francia, durante un suo viaggio a Parigi, ma anche per gli scritti che egli ci ha lasciato, una specie di compendio dei maggiori trattati su questo argomento. Al di là delle dotte dissertazioni, l'Eucaristia fu il centro della sua intensa vita spirituale e meritò di essere proclamato da papa Leone XIII patrono delle opere eucaristiche, e più tardi patrono dei congressi eucaristici internazionali. I suoi biografi raccontano che durante le esequie, al momento dell'elevazione dell'ostia e del calice, il frate già irrigidito dalla morte riaperse gli occhi per fissare il pane e il vino della mensa eucaristica e rendere l'ultima testimonianza del suo amore al divino sacramento. I suoi genitori, molto poveri, l'avevano avviato al lavoro in tenera età, mandandolo dietro il gregge di famiglia e più tardi come garzone di un ricco allevatore. Lontano dal consorzio umano e dalla chiesa, trascorreva ore intere in orazione, privandosi del poco cibo per mortificare il proprio corpo, che sovente assoggettava a dolorose flagellazioni.

A diciott'anni fece domanda di essere ammesso al convento di S. Maria di Loreto dei francescani riformati alcantarini, ma gli venne opposto un netto rifiuto. Egli rifiutò a sua volta una cospicua eredità offertagli da un ricco allevatore della zona, Martino Garcia. Infine la fama della sua santità e di alcuni prodigi compiuti gli aprì le porte del convento, dove poté emettere i voti religiosi il 2 febbraio 1564, come "fratello laico".
Mentre pascolava il gregge poco lontano dal convento, prima di esservi ammesso, cadeva in estasi allo scampanellio dell'elevazione. Questo èmpito di devozione eucaristica fu il contrassegno anche della sua vita religiosa, durante la quale accrebbe le mortificazioni inflitte al suo corpo, debilitandolo fino al limite delle capacità di resistenza. Morì giovane, all'età di cinquantatrè anni. Ventisei anni dopo, il 29 ottobre 1618, veniva proclamato beato e nel 1690 santo. Nel 1897 Leone XIII lo proclamò patrono dei Congressi Eucaristici.


Alcuni scritti spirituali di San Pasquale:

Sono felice di unire il povero sacrificio della mia vita al sacrificio di Gesù.
(S. Pasquale Baylon)

Poiché Dio desidera ardentemente donarci cose buone, abbi la certezza che egli ti darà tutto quello che tu chiedi. Non chiedere comunque nulla prima che Dio non ti abbia mosso a chiedere, in quanto egli è più disposto ad esaudire la tua richiesta che tu a chiedere; egli sempre aspetta che noi chiediamo. Per cui a chiedere ti spinga più la volontà di Dio che vuole donarti, anziché la necessità di chiedere: le preghiere quindi devono essere sempre fatte in vista dei meriti di nostro Signore Gesù Cristo. Esercita quindi la tua anima in continue ed intense azioni, desiderando quello che Dio desidera, rimuovendo dalla tua volontà tutto ciò che di bene o guadagno potrebbe a te venire da quella richiesta. Anzi questo chiedi sommamente: che Dio sia cercato sopra ogni altra cosa. È infatti cosa degna che prima e soprattutto si cerchi Dio, anche perché la divina Volontà vuole che riceviamo ciò che chiediamo per divenire più idonei a servirlo ed amarlo più perfettamente. Tutte le tue preghiere siano fatte con questa disposizione, e quando chiedi questo, chiedilo per amore e con amore, istantemente e importunamente. Separa il tuo cuore dalle cose di questo mondo; e ricordati che in questo ,| mondo niente altro esiste se non tu e Dio solo. Non allontanare, neppure per breve tempo, il tuo cuore da Dio; i tuoi pensieri siano semplici e umili; sempre sollecita la tua attenzione su te stesso, ed il tuo amor di Dio sopra tutte le cose come profumo che si spande. Rendere grazie a Dio non è altro che un atto interno dell'anima per il quale uno riceve un bene celeste riconoscendo Dio immenso e Signore dell'universo, dal quale viene ogni bene; e gode per tutta la gloria che ne viene a Dio, in quanto è stato reso degno di tale grazia, per cui è pronto ad amare Dio sempre più e a servire il Datore di ogni bene. Quando ricevi qualche dono da Dio offrigli quello che sei con gioia e letizia, umiliando te stesso e disprezzandoti, rinunciando alla tua volontà in modo da poterti dedicare interamente al suo servizio. Rendi molte, anzi infinite grazie, rallegrandoti della potenza e della bontà del Signore, che ti elargisce doni e benefici, per i quali ora gli rendi grazie. E se vuoi che il tuo rendimento di grazie sia accetto a Dio, prima di farlo, umilia, rinnega e disprezza te stesso, riconoscendo la tua povertà e miseria, sì da comprendere che tutto quello che hai, lo hai ricevuto dalla munificenza di Dio, godendo e rallegrandoti nel vederti arricchito di grazia e di doni, e poco considerando il bene o l'utilità che ne potrebbe derivare, affinché tu possa meglio servire Dio.
(S. Pasquale Baylon)

Io credo, e lo affermo altamente, che Gesù, Figlio di Dio, è così realmente nella Santa Ostia Consacrata, come lo è nella luce del Paradiso
(S. Pasquale Baylon)

La mancanza di fede crea una grande ignoranza. Essi credono che la ragione possa insegnare il contrario della Rivelazione, e che Dio possa dir si per mezzo della fede, e no per  mezzo della natura. Quelli che pensano in tal maniera, non meritano altro nome che di insensati
(S. Pasquale Baylon)

Non c’è tutto nei libri, fratello! Credete a me, lo spirito di orazione e di preghiera sarà sempre il gran mezzo per arrivare all’eloquenza, e rendere un discorso fruttuoso
(S. Pasquale Baylon)

Perdona, o figlio! Perdona per quel Gesù che si fece crocifiggere ed ha dato la vita per me, per te, per tutti noi. Perdona per suo amore!

(S. Pasquale Baylon)

“Per chi ha vera fede tutto è possibile”, non l’ha forse detto Gesù nel Vangelo?
(S. Pasquale Baylon)

Abbiate fiducia, Dio vi esaudisce
(S. Pasquale Baylon)

Quale condiscendenza, o Signore, hai usato con me! Comandarmi perfino che io ti accolga in me; ed essendo quello che sei, Dio infinito, Creatore e Redentore mio, che io ti stringa al mio cuore!
(S. Pasquale Baylon)

Frutto male acquistato non frutta
(S. Pasquale Baylon)

Purificami, o Fonte di acqua viva. Sanami, o Medico della mia salvezza. Ornami di fede e di speranza, perché io ti accolga come in un tempio degno di te.
(S. Pasquale Baylon)

Oh, Padre del Cielo, dammi virtù e coraggio, per un avvenimento così grande. O Figlio,sapienza del Padre, dammi la santa e adatta conoscenza di questo mistero, Spirito Santo, amore del Padre e del Figlio, dammi celeste fervore, purificando quest’anima con l’ardore della tua carità, perché con fede viva io riceva il santissimo Sacramento
(S. Pasquale Baylon)

Datemi, o Signore, aumento di fede, accrescimento di carità; più vigore nella speranza; e tutte quelle virtù, che mi sono necessarie. Così potrò servirvi e lodarvi quaggiù, nella fede, e godervi in Cielo, nella gloria
(S. Pasquale Baylon)

E’ disceso dal cielo Chi vi ha salvato. E’ il vostro Salvatore, fattosi vostro fratello. Egli, la Vita per eccellenza, è divento vostro cibo!
(S. Pasquale Baylon)

Inno proprio dell’Ufficio delle letture:
Di Francesco noi figli in letizia
san Pasquale col canto esaltiamo,
ricordando il suo amore fervente
al mistero dell'Eucaristia.

Mentre il gregge tra i pascoli guida
egli al pane degli angeli anela,
ora in cielo il profondo mistero
già svelato contempla in eterno.

Accostandosi al sacro banchetto
per ricevere il Corpo di Cristo,
il suo volto palesa la fiamma
che gli brucia impetuosa nel cuore.

Agli increduli attesta che Cristo
è presente nel pane e nel vino:
la sua fede è sì viva e sicura
ch'egli è pronto a versare il suo sangue.

Per i meriti di san Pasquale
rendi puro, Gesù, il nostro cuore,
affinché siamo degni per sempre
di nutrirci del pane celeste.

Ciò attendiamo dal Padre e dal Figlio,
dallo Spirito Consolatore:
Trinità, la tua lode si elevi
e s'espanda per tutto il creato.
Amen.