martedì 13 novembre 2012

Santa Gigliola !?!




 

Sant' Egidio Abate

1 settembre
sec. VI-VII
Etimologia: Egidio = figlio di Egeo, nato sull'Egeo, dal greco
L'epoca in cui visse l'abate Egidio (in francese Gilles) non si conosce con precisione. Alcuni storici lo identificano con l'Egidio inviato a Roma da S. Cesario di Arles all'inizio del secolo VI; altri lo collocano un secolo e mezzo più tardi, e altri ancora datano la sua morte tra il 720 e il 740. La leggenda in questo caso non ci viene in aiuto, poiché tra i vari episodi della vita del santo annovera anche quello che viene illustrato da due vetrate e da una scultura del portale della cattedrale di Chartres, in cui è raffigurato S. Egidio mentre celebra la Messa e ottiene il perdono di un peccato che l'imperatore Carlo Magno (768-814) non aveva osato confessare a nessun sacerdote. La tomba del santo, venerata in un'abbazia della regione di Nimes, risaliva probabilmente all'epoca merovingica, anche se l'iscrizione non era anteriore al secolo X, data in cui fu anche composta la Vita del santo abate, intessuta di prodigi sul tipo delle pie leggende raccontate a scopo di edificazione. Tra le narrazioni che più hanno contribuito alla popolarità del santo vi è quella della cerva inviata da Dio per recare il latte al pio eremita, che viveva da anni rintanato in un bosco, lontano dal consorzio umano. Un giorno la benefica cerva incappò in una battuta di caccia condotta dal re in persona. Il regale cacciatore inseguì la preda, ma al momento di scoccare la freccia non si accorse che l'animale spaurito era già ai piedi dell'eremita. Così il colpo destinato al mansueto quadrupede ferì, seppur di striscio, il pio anacoreta. L'incidente ebbe un seguito facilmente intuibile: il re, divenuto amico di Egidio, si fece perdonare facendogli omaggio dell'intero territorio, sul quale più tardi sorse una grande abbazia. Qui il buon eremita, in cambio della solitudine irrimediabilmente perduta, ebbe il conforto di veder prosperare un'attiva comunità di monaci, di cui Egidio fu l'abbas, cioè il padre. Numerose sono le testimonianze del suo culto in Francia, Belgio e Olanda, in cui viene invocato contro il delirio della febbre, la paura e la follia.

GIGLIOLA deriva in parte da Gilio, Gilles (ovvero Egidio) ma anche da Lilius, che significa "bella come un giglio".

Appunti ... “nell’attesa della beata speranza ... ”



San Omobono
Chiesa San Michele - Cremona

Martedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Santa Francesca Saverio Cabrini
Sant’Omobono Tucenghi di Cremona


Nella I lettura di Paolo a Tito abbiamo ascoltato:
“Gli uomini anziani siano … Anche le donne anziane abbiano … Esorta ancora i più giovani a essere …”
A ciascuno è doto un ruolo, che ben chiama il Vangelo un servizio “nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo”.

Questo servizio in attesa, è un’obbedienza: “avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato”, è l’obbedienza della fede, per il Regno.

Ciascuno ha la sua obbedienza.
Spesso nel servire, c’è la ricerca di una gratitudine immediata, però il Vangelo ci dice che questa pretesa deve essere dimenticata.
Gesù fu ringraziato quando come un servo obbediente morì in Croce?
Certo che no! Per giunta un suo compagno di sorte lo prese in giro.

Il servizio per il Regno chiede una grande libertà.
Certo, il nostro servire non finirà nel dimenticatoio, non sentiremo immediato il grazie, perché “abbiamo fatto quanto dovevamo fare”, però produrrà il suo frutto e avrà il suo grazie.

Ricordiamo la cantilena evangelica: “quando abbiamo fatto questo… quando non abbiamo fatto questo” della parabola del Regno.

Anche la santità che oggi ricordiamo, si colloca in questa scia.

Omobono Tucenghi di Cremona, fu un uomo che, senza privilegi di nascita o prestigio di funzioni, divenne quasi leggendario per levatura e bontà dello spirito; un uomo che condusse la sua vita tra il commercio, l'impegno politico e l'aiuto ai poveri.
Un cittadino molto popolare e amato. Si sposò ma non ebbe figli. Omobono e la moglie vissero sempre soli, accumulando ingenti patrimoni con il loro commercio, ma la sua nobiltà d'animo lo portava a usare il denaro guadagnato col commercio per la carità. La sua generosità divenne proverbiale, tanto che a Cremona è rimasto il detto «Non ho mica la borsa di sant'Omobono».

Omobono, fu veramente un servo inutile che visse nell’obbedienza all’amore per Dio e per il prossimo.
Morì un giorno d'autunno all'improvviso, il 13 novembre 1197, senza un lamento, senza soffrire, durante la Messa nella chiesa intitolata a sant'Egidio (oggi intitolata allo stesso S. Omobono), mentre recitava il Gloria.
Papa Innocenzo III, canonizzò Omobono il 13 gennaio 1199 con la bolla Quia pietas, nella quale lo definì pacificus vir, a meno di due anni dalla morte. Egli fu il primo laico della storia ad essere canonizzato.




Francesca Saverio Cabrini era un semplice e insignificante maestrina di paese, “della bassa”, come si dice in gergo, di S. Angelo Lodigiano.
Ultima di tredici figli, nasce prematura. A undici anni, il confessore le permette di fare un voto privato di castità, che rinnoverà anno dopo anno, fino a quando, diciannovenne, consacrerà per sempre la sua verginità a Cristo. Entra così nel cammino di servizio per il Regno fin dalla sua giovinezza. Nella sua infanzia dopo il Santo Rosario in famiglia ascoltava la lettura delle imprese missionarie: sognava così di andare missionaria in Cina.
Il 14 novembre 1880 vede nascere una nuova congregazione religiosa: l'Opera delle Suore Missionarie del Sacro Cuore.
La nuova opera fondata da Madre Cabrini trae vita dal Cuore di Gesù: ricorda al Madre che bisogno vestirsi delle virtù del Cuore di Cristo, ma soprattutto dell’obbedienza amorevole di Cristo, che si mette a servizio dell’umanità.

Dirà alle sue religiose:
«La vera missionaria non pensa mai: «Che carica mi verrà data da ricoprire? Dove sarò mandata?» e non dovrebbe mai dire: «Non posso far questo o quello; ne sono incapace». Che diventi Superiora Generale, che sia inviata ad insegnare in una classe di piccoli, o a spazzare una scala, dovrà adempiere serenamente al proprio obbligo... Tale è il vero amore, l'amore pratico, spoglio di qualsiasi interesse personale; è l'amore forte che dovreste avere tutte. Siete state immolate al Sacro Cuore di Gesù; è in tale totale abnegazione di sé che si trova l'essenza della santità».

Scrive il beato Giovanni Paolo II:
«I fondatori fanno sempre prova di un vivo senso della Chiesa, che si manifesta attraverso la loro piena partecipazione alla vita ecclesiale in tutte le sue dimensioni, e attraverso la loro pronta obbedienza ai Pastori, specialmente al Pontefice romano. È nella prospettiva dell'amore per la Santa Chiesa, colonna e sostegno della verità (1 Tim. 3, 15) che vanno capite la devozione di Francesco d'Assisi per «il Signor Papa», l'audacia filiale di Caterina da Siena nei riguardi di colui che chiama «il dolce Cristo in terra», l'obbedienza apostolica ed il sentire cum Ecclesia di Ignazio di Loyola, la gioiosa professione di fede di Teresa di Gesù: «Sono figlia della Chiesa». Si capisce anche l'ardente desiderio di Teresa di Lisieux: «Nel cuore della Chiesa, mia madre, sarò l'amore...» Queste testimonianze sono rappresentative della totale comunione ecclesiale che santi e fondatori hanno vissuto in epoche e circostanze diverse e spesso difficilissime. Sono esempi cui le persone consacrate devono riferirsi costantemente, per resistere alle spinte centrifughe e distruttrici oggigiorno particolarmente forti»

Così anche maestrina del lodigiano, dopo l’incontro con il Beato Giovanni Scalabrini, vescovo di Piacenza, e il monito di papa Leone XIII «Non in Oriente, ma in Occidente. …Vada negli Stati Uniti! Ci troverà un vasto campo di lavoro», inizia l’opera missionaria in America, dove poi si congederà da questa terra il 22 dicembre 1917. Abbandona così il suo sogno d’infanzia dia andare missionaria in Cina.

Concludo con un pensiero di Madre Cabrini, che ci riporta al tema del Vangelo di questa mattina: essere servi obbedienti, servi inutili, è un dono da chiedere al Signore nella preghiera:

«Pregate, pregate sempre, e chiedete senza posa lo spirito di preghiera,... Qual è lo spirito di preghiera? È pregare secondo lo spirito di Gesù... in Gesù e con Gesù. Lo spirito di preghiera significa pregare in armonia con il volere divino, volendo unicamente quel che Dio vuole... Ciò significa che i nostri spiriti sono fissati sulla preghiera in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, mentre lavoriamo, camminiamo, mangiamo, parliamo, soffriamo... abitualmente e sempre».