lunedì 27 febbraio 2012

SULLA VIA DELLA CROCE (1)

Questi tre pomeriggi della prima settimana di Quaresima li vivremo insieme e in comunione di preghiera con tutta la Comunità pastorale.

Il titolo scelto quest’anno è SULLA VIA DELLA CROCE.

Il cammino della croce è segnato dalle orme dei piedi di Gesù che già nel suo percorso dalla Galilea alla Giudea preparava il cammino della Via Dolorosa.

Un cammino sulla via della Croce segnato anche dai passi dei suo discepoli, che quasi per dargli un attimo di sollievo furono lavati in quella notte, prima della salita al Calvario.

Un cammino sulla via della croce che ci precede e che fa parte dell’essenza cristiana: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.

Difatti il cammino sulla via della croce segna il quotidiano del discepolo. Vogliamo farlo partendo dalla Galilea, per poi scendere in Giudea, entrando nel cenacolo, preparato per celebrare la Pasqua, dove Gesù, deciso, di amare fino alla fine “prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi”.

Entreremo in preghiera con la liturgia delle ore, e reciteremo l’ora nona, unendoci agli apostoli
nella lode perenne, camminando insieme a loro sulle orme di Cristo sulla via della Croce.


1 giorno
Dalla testa ai piedi

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». (Mc 1,15)

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. (Gv 13, 1-15)


MEDItazione “DALLA TESTA AI PIEDI” (T. Bello)

Carissimi,
cenere in testa e acqua sui piedi.
Tra questi due riti, si snoda la strada della quaresima che sale fino al Monte Calvario, il Golgota.

Una strada, apparentemente, poco meno di due metri (dipende quanto si è alti!)
Ma, in verità, molto più lunga e faticosa.

Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri.

A percorrerla non bastano i quaranta giorni
che vanno da mercoledì delle ceneri al giovedì santo.
Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala.

Pentimento e servizio.

Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all’acqua, più che alle parole.
Non c’è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche.

Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito.
Queste, invece, no: perché espresse con i simboli,
che parlano un “linguaggio a lunga conservazione”.

È difficile, per esempio, sottrarsi all’urto di quella cenere.
Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine.
E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo all’unica cosa che conta:
“Convertiti e credi al Vangelo”.

Peccato che non tutti conoscono la rubrica del messale, secondo cui le ceneri debbono essere ricavate dai rami d’ulivo benedetti nell’ultima domenica delle palme.
Se no, le allusioni all’impegno per la pace, all’accoglienza del Cristo, al riconoscimento della sua unica signoria, alla speranza di ingressi definitivi nella Gerusalemme del cielo, diverrebbero
itinerari ben più concreti di un cammino di conversione.

Quello “shampoo alla cenere”, comunque, rimane impresso per sempre:
ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti terrosi che il mattino seguente,
sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato.

Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell’acqua nel catino.
È la predica più antica che ognuno di noi ricordi.
Da bambini, l’abbiamo “udita con gli occhi”, pieni di stupore,
dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente.

Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi:
ma senza monotonia. Difatti è sempre lo stesso gesto ripetuto dodici volte.
Ricca di tenerezze, benché articolata su un prevedibile copione.
Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati:
l’offertorio di un piede, il lavarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio.
Una predica strana.
Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana,
è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate.

Miraggio o dissolvenza? Abbaglio provocato dal sonno, o simbolo per chi veglia nell’attesa di Cristo?
“Una tantum” per la sera dei paradossi, oppure prontuario per le nostre scelte quotidiane?
Potenza evocatrice dei segni!

Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua.
La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano.
Per spegnere l’ardore, mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare sui piedi degli altri.

Pentimento e servizio.
Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.
Cenere e acqua.
Ingredienti primordiali del bucato di un tempo.
Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi.

* * *

Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! (1 Cor 12, 27-31. 13, 1-13)


Riflessione

  • Solo alla fine della vita il Signore vedrà se abbiamo percorso veramente il cammino che va dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo con le sue dinamiche spirituali. Ma ad oggi quali sono i passi che in questa direzione hanno fatto i miei piedi?

  • Iniziando il cammino della quaresima che ti condurrà alla salita del Monte Calvario, quale conversione devi chiedere al Signore che coinvolga tutta la tua persona “dalla testa ai piedi”?

  • Rileggi le letture che sono state proposte e fa che parlino al tuo cuore.