domenica 19 giugno 2011

Solennità della Santissima Trinità: Padre, Figlio, Spirito Santo






In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui (Gv 3,16-18).
In quel tempo, Paolo scrisse ai cristiani di Corinto: La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (2Cor 13,11-13).
In quei giorni, il Signore scese nella nube … passò davanti a lui (Mosè) proclamando: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” (Es 34,4b-6.8-9).
Tra le molte domande della nostra fede, una di quelle a cui è più difficile rispondere è questa: “Chi è Dio?”.



Potremmo senz’altro rispondere secondo le sane categorie del catechismo tradizionale, che Dio è l’Essere, quello perfetto e sommo, che ha creato cielo e terra.

Oppure dire chi è Dio per noi, che cosa ha voluto dire e cosa continua a voler dire Dio nella nostra vita di ogni giorno
Ma non basta, e nessun’altra spiegazione, per quanto perfetta e precisa possa essere, basterebbe a spiegare Dio; perché Dio è “Altro”, perché Dio è molto di più di quanto si possa spiegare e immaginare. Allora, chi è Dio?

Tra i grandi santi, i più elevati come Agostino, hanno tentato di dirne qualcosa per via di intelligenza (l’episodio della buca sul mare); altri, come Teresa d’Avila, per via di una straordinaria esperienza mistica. Altri ancora, come Teresa di Gesù Bambino, ne hanno parlato in termini più semplici, comuni, comprensibili da chiunque abbia fatto l’esperienza esaltante dell’innamoramento del cuore. Altri infine con il vescovo Nicola di Myra, hanno usano immagine quotidiane (l’episodio del mattone al concilio di Nicea).

La Solennità di oggi ci vuole dare uno spunto in più per la nostra riflessione. La fede cristiana ci dice che Dio è uno solo, è Unico, ma in tre Persone tra loro uguali e distinte: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. È così che ce lo ha rivelato lo stesso Figlio, Gesù Cristo. Eppure, nemmeno così la domanda su Dio trova una risposta completa, soddisfacente.





Che cosa significa il Mistero della Trinità?

Se proviamo anche solo a considerare quante volte nominiamo la Santissima Trinità nell’Eucaristia, nei Sacramenti o anche solo nelle nostre preghiere quotidiane, a partire dal semplicissimo segno di croce del mattino. Ciò significa che la nostra fede e la nostra pietà non possono fare a meno di un riferimento costante e forte alla Santissima Trinità.







Agostino guarda al Mistero della Trinità con un concetto sempre molto attuale, ovvero quello di “comunità”. Le tre Persone della Trinità formano tra di loro una “Comunità d’Amore”, in cui proprio l’amore è alla base delle loro relazioni e della loro essenza. Dio è Amore: e come Amore si è sempre rivelato agli uomini. Ma Dio non potrebbe rivelarsi agli uomini come Amore se lui stesso, nella sua natura, non vivesse profondamente questa realtà. Gesù Cristo ci ha rivelato la sua figliolanza con Dio e ci ha inviato lo Spirito Santo: proprio per questo, Dio non può essere conosciuto dall’uomo se non come Padre, Figlio e Spirito Santo. E siccome in una relazione d’amore c’è sempre uno che ama e uno che è amato, e viceversa, e soprattutto tra i due c’è l’amore stesso che li lega, nella Trinità questo legame si personifica. Il Padre ama il Figlio, e viceversa il Figlio è amato dal Padre: questo amore che li unisce è lo Spirito Santo, da entrambi amato proprio perché è l’Amore, ovvero ciò che li unisce.
In una relazione d’amore comunitaria non esistono differenze né gerarchie: tutti si amano allo stesso modo, e nessuno osa mettersi su un piano superiore rispetto all’altro, altrimenti non ci sarebbe più amore ma dipendenza, addirittura servilismo e schiavitù, mentre l’amore è libertà, liberazione totale. Chi beneficia maggiormente di questo Amore tra i Tre non è nessuno dei Tre, ma l’oggetto privilegiato del loro Amore: l’Uomo. La comunità d’amore che è la Trinità non potrebbe essere compresa e amata dall’uomo se l’uomo stesso non si sentisse da lei amato.



Per questo motivo, celebrare la Solennità della Trinità non è solamente esaltare l’onnipotenza di Dio e la sua essenza, ma l’importanza che questa sua natura d’amore riveste per l’uomo. La Trinità, infatti, diventa per noi il modello di ogni relazione d’amore.







E così come l’Amore Trinitario si è aperto in Gesù Cristo ad ogni uomo, se il nostro amore domestico-quotidiano, per quanto intenso e duraturo possa essere, non si apre ad un amore più grande, che varca le soglie della nostra casa, a poco a poco si chiude su se stesso, soffoca, muore, e certamente non realizza in sé l’immagine dell’Amore di Dio.
Non c’è vero amore, in definitiva, per il cristiano, che non sia ad immagine e somiglianza dell’amore trinitario del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo: un amore senza differenze, senza distinzioni, fatto di profondo rispetto reciproco, ma soprattutto aperto all’amore verso ogni uomo.

La Solennità della Trinità, perciò, ci deve aiutare sì a conoscere meglio Dio, ma in modo particolare a conoscerci meglio tra di noi per mezzo dell’Amore che Dio, in Gesù Cristo, attraverso il dono dello Spirito Santo, ha riversato nei nostri cuori.

Che senso avrebbe, in definitiva, sapere chi è Dio se poi non so amare i miei fratelli?
Dice l’apostolo Giovanni:

“Amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio”





ELEVAZIONE ALLA SS. TRINITÀ

Mio Dio, Trinità che adoro,
aiutatemi a dimenticarmi interamente,
per fissarmi in voi, immobile e quieta come se la mia anima fosse già nell'eternità;
che nulla possa turbare la mia pace o farmi uscire da voi, mio immutabile Bene,
ma che ogni istante mi porti più addentro nella profondità del vostro mistero.
Pacificate la mia anima,
fatene il vostro cielo, la vostra dimora preferita e il luogo del riposo;
che io non vi lasci mai solo, ma sia là tutta quanta, tutta desta nella mia fede,
tutta in adorazione, tutta abbandonata alla vostra azione creatrice.

O mio amato Cristo, crocifisso per amore,
vorrei essere una sposa del vostro Cuore;
vorrei coprirvi di gloria e vi chiedo di rivestirmi di Voi stesso,
di immedesimare la mia anima con tutti i movimenti della vostra Anima,
di sommergermi, d'invadermi, di sostituirvi a me,
affinché la mia vita non sia che un'irradiazione della vostra vita.
Venite nella mia anima come Adoratore, come Riparatore e come Salvatore.
O Verbo Eterno, Parola del mio Dio, voglio passare la mia vita ad ascoltarvi;
voglio farmi tutta docilità per imparare tutto da voi.
Poi, attraverso tutte le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze,
voglio fissare sempre Voi e restare sotto la vostra grande luce.
O mio Astro amato,
incantatemi, perché non possa più uscire dallo splendore dei vostri raggi.

O Fuoco consumatore, Spirito d'amore,
scendete sopra di me,
affinché si faccia della mia anima come un'incarnazione del Verbo,
ed io sia per Lui un'aggiunta d'umanità nella quale Egli rinnovi tutto il suo mistero.

E Voi, o Padre,
chinatevi sulla vostra piccola creatura,
copritela con la vostra ombra, e non guardate in lei che il Diletto
nel quale avete riposto tutte le vostre compiacenze.

O miei TRE, mio Tutto,
mia Beatitudine, Solitudine infinita, Immensità in cui mi perdo,
mi consegno a Voi come una preda.
Seppellitevi in me, perché io mi seppellisca in Voi,
in attesa di venite a contemplare, nella vostra luce,
l'abisso delle vostre grandezze.

(Beata Elisabetta della Trinità)

I Santi del Giorno, secondo il Calendario della Chiesa Ambrosiana di rito romano

Il ritrovamento dei Sacri Corpi

19 giugno
SANTI PROTASO e GERVASO martiri
FESTA

Le notizie più antiche sui santi Gervasio e Protasio risalgono al 386, anno della invenzione (=ritrovamento) dei loro corpi a Milano ad opera di s. Ambrogio.

Il 7 giugno 386, nella zona cimiteriale di Porta Vercellina (nell'area compresa tra la basilica di S. Ambrogio, l'Università Cattolica e la caserma Garibaldi), nel sottosuolo antistante la basilica cimiteriale dei SS. Nabore e Felice, s. Ambrogio fece operare uno scavo: vi si trovarono i corpi dei due martiri il cui ricordo era andato praticamente perduto nella Chiesa di Milano.

La passio presenta Gervasio e Protasio come figli gemelli dei ss. Vitale e Valeria. Morti per fede i genitori, i due fratelli vendettero i beni di famiglia, ne distribuirono il ricavato ai poveri e si ritirarono in una casetta ove passarono dieci anni in preghiera e meditazione. Denunziati come cristiani ad Astasio, di passaggio per Milano diretto alla guerra contro i Marcomanni, non vollero assolutamente sacrificare e perciò furono condannati a morte. Gervasio morí sotto i colpi dei flagelli, Protasio venne invece decapitato.
La festa dei due martiri viene celebrata il 19 giugno anniversario della loro solenne traslazione del 386 nella basilica di S. Ambrogio. Sono venerati come compatroni della Diocesi di Milano.

(dal PROPRIO DEI SANTI della Chiesa di Milano secondo il rito romano)


Martirologio Romano, 19 giugno: A Milano, commemorazione dei santi Gervasio e Protasio, martiri, i cui corpi furono rinvenuti da sant’Ambrogio e in questo giorno solennemente traslati nella nuova basilica da lui costruita.