lunedì 31 gennaio 2011

San Giulio prete, patrono di Cavenago in Brianza






Il culto di san Giulio è molto vivo nella zona del Lago d’Orta, nell’Alto Novarese, dove esiste una chiesa, che sarebbe stata originariamente da lui edificata, nella quale è sepolto. Sulla sua figura storica non ci sono, però, notizie certe. La sua vicenda si intrecciò, infatti, con quella di un san Giuliano. Alcune fonti li indicano come fratelli, altri studiosi ipotizzano una confusione di nomi per la stessa persona. Secondo la più antica "Vita" (VII sec.), i due fratelli erano greci del IV secolo, trasferitisi in Italia perché disgustati dagli errori degli eretici e perseguitati. Dimorarono presso Roma e poi attraversarono la Penisola, fermandosi sul Lago d’Orta. Qui costruirono la novantanovesima chiesa, a Gozzano, e la centesima, dedicata ai santi Pietro e Paolo, sull’isola lacustre. Nella prima, dedicata a San Lorenzo, rimase Giuliano. Dei due antichi edifici non resta nulla e gli attuali non risalgono a prima del IX secolo.

(dal quotidiano "Avvenire")



Martirologio Romano, 31 gennaio: A Novara, san Giulio, sacerdote.

I Santi del Giorno, secondo il Calendario della Chiesa Ambrosiana di rito romano




San Giovanni Bosco
Parrocchia della Madonna del Rosario
Marina di San Sostene (CZ)

31 gennaio
SAN GIOVANNI BOSCO, sacerdote
MEMORIA

Don Bosco (Castelnuovo d’Asti 1815 – Torino 31 gennaio 1888), grande apostolo dei giovani, fu loro padre e guida alla salvezza con il metodo della persuasione, della religiosità autentica, dell’amore teso sempre a prevenire anziché a reprimere. Sul modello di san Francesco di Sales il suo metodo educativo e apostolico si ispira ad un umanesimo cristiano che attinge motivazioni ed energie alle fonti della sapienza evangelica. Fondò i Salesiani, la Pia Unione dei cooperatori salesiani e, insieme a santa Maria Mazzarello, le Figlie di Maria Ausiliatrice.

(dal PROPRIO DEI SANTI della Chiesa di Milano secondo il rito romano)

Martirologio Romano, 31 gennaio: ordinato sacerdote, dedicò tutte le sue forze all’educazione degli adolescenti, fondando la Società Salesiana e, con la collaborazione di santa Maria Domenica Mazzarello, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, per la formazione della gioventù al lavoro e alla vita cristiana. In questo giorno a Torino, dopo aver compiuto molte opere, passò piamente al banchetto eterno.



PENSIERI SPIRITUALI di DON BOSCO

"Volete dal Signore molte grazie? Visitatelo sovente".
"Confidate ogni cosa in Gesù Sacramentato e in Maria Ausiliatrice e vedrete cosa sono i miracoli".
"Qualunque cosa chiediate a Gesù Sacramentato, e che vi sia necessaria, Egli ve la concederà".
"Il demonio nulla teme quanto la Comunione ben fatta e le visite frequenti a Gesù Sacramentato".

"Dopo la S. Comunione, trattenetevi almeno un quarto d'ora a fare il ringraziamento. Sarebbe una grave irriverenza se, dopo pochi minuti aver ricevuto il Corpo-Sangue-Anima-Divinità di Gesù, uno uscisse di chiesa o stando al suo posto si mettesse, a ridere, chiacchierare, guardare di qua e di là per la chiesa....."

"Tutti hanno bisogno di fare la S. Comunione: i buoni per mantenersi buoni, ed i cattivi per diventare buoni. Ma prima di accostarvi a ricevere l'adorabile Corpo di Gesù, dovete riflettere se nel cuore siete pronti. Chi ha peccato e non vuol staccarsi dal suo peccato, anche se si è confessato, non è degno di ricevere il Corpo di Gesù; invece di arricchirsi di grazie, si rende più colpevole e degno di castigo.
Se invece ci si è confessati con il chiaro proposito di cambiare, accostiamoci pure al pane degli Angeli.
Si badi però che la frequenza ai Sacramenti non è, da sola, sicuro indizio di bontà. C'è gente che, pur senza fare sacrilegi, va però con molta tiepidezza e per abitudine a ricevere la Santa Comunione; è la loro stessa superficialità che non permette loro di capire tutta l'importanza di quello che fanno. Per questo non ottengono i frutti della Santa Comunione".

"Se non potete comunicarvi sacramentalmente, fate almeno la Comunione Spirituale. Di che si tratta? Essa consiste in un ardente desiderio di ricevere Gesù nel vostro cuore.

"Per fare una buona Comunione, occorre essere liberi dal peccato mortale. Chi ne avesse anche uno solo, commetterebbe un sacrilegio e, come dice la Sacra Scrittura, "mangerebbe la sua condanna, perché non vuol distinguere il Corpo del Signore dal pane materiale".
Bisogna poi avere il giusto tempo di digiuno.
Poi, prima di andare alla Santa Comunione, occorre riflettere bene: chi sto andando a ricevere? Gesù, il Figlio di Dio!
Non bisogna poi dimenticare che la Santa Comunione, anche quella quotidiana, preserva sì dai peccati mortali, ma non rende impeccabili. Cerchiamo perciò di avere il cuore distaccato dai peccati, cerchiamo di migliorare.... e poi non spaventiamoci dei difetti quotidiani: la Santa Comunione, ogni volta che la riceviamo degnamente, li cancella! E ci rafforza per evitarli, in gran parte, per il futuro".

"Con quale frequenza dovete accostarvi alla santa Comunione? Sentite. Gli Ebrei quando erano nel deserto, mangiavano la manna che cadeva tutti i giorni. Ora, dice il Vangelo che Ia manna è figura dell'Eucarestia, perciò dobbiamo anche noi mangiarla tutti i giorni, su questa terra, (che è figurata dai 40 anni passati dal popolo ebreo nel deserto). Quando noi saremo giunti alla terra promessa non la mangeremo più perché vedremo e avremo sempre Iddio con noi nella sua essenza.
I primi fedeli si comunicavano tutti i giorni e andavano alla Messa: quei pochi che per qualche motivo non si potevano comunicare, ad un certo punto di essa dovevano uscire. Anche più tardi, ma ancora in quei primi tre secoli, nessuno andava alla Messa senza accostarsi alla santa Comunione.
La santa Chiesa poi, radunata nel santo Concilio di Trento, dichiarò essere suo desiderio che i fedeli andando alla essa si accostassero tutti alla santa Comunione. Difatti se il cibo del corpo si deve pigliare tutti i giorni, perché non il cibo dell'anima? Così dicono Tertulliano e Sant'Agostino.
Ma dunque, voi mi osserverete, avremo tutti ad accostarci propriamente ogni giorno? Vi risponderò che il precetto non c'è di accostarci tutti i giorni. Gesù Cristo lo brama, ma non lo comanda. Tuttavia per darvi un consiglio che sia adatto alla vostra età, condizione, devozione, preparazione e ringraziamento che sarebbe necessario, io vi dirò: intendetevi col confessore e fate secondo il suo avviso. Se poi volete sapere il mio desiderio, eccovelo: comunicatevi ogni giorno. Spiritualmente? Il Concilio di Trento dice: Sacramentalmente! Dunque fate così: quando non potete comunicarvi sacramentalmente, comunicatevi almeno spiritualmente.
La gran cosa che io raccomando è questa. Ciascuno tenga la sua coscienza in tale stato da poter far la Comunione tutti i giorni.
Vorrei ancora togliere un inganno che è nella mente dei giovani: dicono alcuni che per comunicarsi spesso bisogna esser santi. Non è vero. Questo è un inganno. La Comunione è per chi vuol farsi santo, non per i santi. I rimedi si danno ai malati, il cibo si dà ai deboli. Oh, quanto io sarei fortunato se potessi vedere acceso in voi quel fuoco che il Signore è venuto a portare sulla terra"!

"Riguardo alla frequenza della Comunione ognuno di voi si accordi col suo confessore, e si accosti alla sacra mensa quel numero di volte che gli sarà indicato. Ma il gran punto da non dimenticarsi mai, è di tenere costantemente la coscienza in tale stato da poter fare la Comunione tutti i giorni. Se uno non è capace di perseverare in tale stato di coscienza che gli permetta di andare per otto giorni alla Comunione io non gli consiglio la Comunione così frequente. A questo proposito voglio raccontarvi un fatterello. Vi era un uomo solito ad andarsi a confessare da San Vincenzo de' Paoli, ma non gli piaceva questo confessore, perché gli ordinava la frequente Comunione ed insisteva, perché andasse più volte alla settimana. Questo tale, stanco di quell'esigenza, pensò di cambiare confessore e di andare da un altro. Trovatolo, gli disse:
"Io ero solito andare da Padre Vincenzo; ma mi ordinava la Comunione quasi tutti i giorni. Ciò non mi piace e son venuto da lei per ricevere il suo consiglio". Quel confessore non badando al male che faceva, gli rispose: "Basta accostarvisi una volta la settimana".
Passato un po' di tempo consigliò al suo penitente di accostarsi solo una volta ogni quindici giorni, per la ragione che avrebbe potuto prepararsi meglio. Finalmente finì col dirgli di comunicarsi una volta al mese. Il povero uomo seguiva questi consigli. E che ne avvenne? Finì con dare un addio alla confessione e abbandonarsi alla vita licenziosa.
Ma agitato dai rimorsi delle sue colpe, fece ritorno a San Vincenzo e gli disse:
"Va male, Padre Vincenzo, va male!"
"E perché, - gli rispose San Vincenzo - o figlio mio, non mi siete più venuto a trovare"?
"Perché mi dava fastidio la frequente Comunione e volli cambiar confessore per andarvi più di rado. Ma vedo che, lasciando la Comunione, lascio anche la pietà, divento peggiore ed ho finito per non più andarmi a confessare. Perciò d'ora in avanti voglio seguire il suo consiglio ed accostarmi di frequente alla santa Comunione".
E si confessò da San Vincenzo, fece le sue cose bene e ridivenne a poco a poco la pia persona che era prima.
Io vi raccomando la medesima cosa. Tutti hanno bisogno della Comunione: i buoni per mantenersi buoni e i cattivi per farsi buoni; e così tutti acquisterete quella vera sapienza che viene dal Signore. Dunque vi ripeto: fuga dall'ozio, fuga dal peccato, frequente confessione, frequente Comunione".

domenica 30 gennaio 2011

Le reliquie di Santa Barbara di Nicomedia



 Martirologio Romano, 4 dicembre: A Nicomedia, commemorazione di santa Barbara, che fu, secondo la tradizione, vergine e martire.

Non abbiamo certezze storiche sulla vita della Santa Barbara, figuriamoci se ce ne sono sulle fonti relative all’autenticità storiche delle varie reliquie. Gli studiosi, al riguardo, hanno navigato per secoli nel mare delle ipotesi. In mancanza di documenti storicamente inoppugnabili, è difficile ricostruire le vicende delle reliquie, anche perché molte sono le divergenze sul luogo d’origine, così come sulla data del martirio.

Si dice che un cristiano di nome Valentino, richiese a Marziano il corpo di Santa Barbara, che seppellì riverentemente nel luogo chiamato “Sole” (probabilmente Eliopoli), in una piccola abitazione dove si rinnovarono frequentemente i miracoli, ottenuti da Dio, per intercessione della Martire.
È certo che esso rimase a Nicomedia sino al IV secolo, epoca in cui l’imperatore Giustino lo fece trasportare a Costantinopoli dove Leone, verso la fine del IX secolo, fece erigere una chiesa nella quale venne custodito il corpo della Santa. Moltissime città nel mondo reclamano il possesso delle reliquie di Barbara. Ci sono infatti versioni molto discordi circa le città e i luoghi dove si troverebbe il corpo della Santa, alcune di queste vantano documentazioni storiche.

Nel mondo

Il Cairo, Costantinopoli e Kiev rivendicano il possesso delle reliquie, mentre la testa è venerata a Novgorod, in Russia, che ne possiede anche il seno pietrificato in Pomerania

In Italia

RIETI
Molti affermano che intorno al 286-287 Barbara si trasferì presso la villa rustica di Scandriglia, oggi in provincia di Rieti, al seguito del padre Dioscoro, collaboratore dell’Imperatore Massimo Erculeo. La conversione alla fede cristiana di Barbara provocò l’ira di Dioscoro e che, come abbiamo visto, portò al suo martirio.
La tradizione narra che terrore per l’efferato delitto commesso dal padre Dioscoro pervase il popolo di Scandriglia. Un pio uomo fece dare alle spoglie della Martire onorata sepoltura nei pressi di una fonte, che divenne ben presto memorabile per miracoli ottenuti per intercessione della Santa. Cessate le persecuzioni contro i cristiani, nella stessa località sorse una piccola edicola dedicata alla gloriosa Martire. Quella edicola fu trasformata, dopo l’editto di Costantino, in chiesa, e quivi i cristiani si riunivano per venerare la Santa e ricordarne il martirio. Durante il secolo IX i Saraceni si spinsero dalla Sicilia, a saccheggiare le province della penisola.
Anche la Sabina fu devastata, ad eccezione della città di Rieti e della abbazia di S. Maria di Farfa. Il territorio di Scandriglia, su cui sorgeva la città di Defila (chiamata anche Numadia o Vesbola) subì la stessa sorte e dell’antica villa di Dioscoro e della chiesetta di Santa Barbara non rimasero che le rovine.
Solo più tardi, nei pressi della polla d’acqua miracolosa, fu costruita una cappella che conserva ancora oggi il titolo di Ecclesia Martyrii Sanctae Barbarae.
In seguito i reatini, già da tempo devoti alla grande Martire, per sottrarre la sacra salma alle rovine e alla desolazione di quei luoghi, la trasportarono a Rieti.
Le sacre spoglie prima furono sistemate sotto l’altare maggiore della stessa Cattedrale, tra i sacri corpi di S. Giuliana vergine e martire, e di S. Felice martire; quindi, tra il sec. XII e XIII, cioè parecchi anni prima che fosse onorata con la consacrazione che ne fece Papa Onorio III nel 1225, furono sistemate sotto l’altare maggiore della moderna Cattedrale; infine, il 27 aprile 1806, sotto il rinnovato altare maggiore della stessa Cattedrale.
Rieti vuole e proclama sua Santa Barbara e ne venera le spoglie. Al riguardo la leggenda narra che mentre si tentava di rapire le spoglie della Santa tutte le campane della città si mettessero spontaneamente a suonare a stormo e che i rapitori, paralizzati dallo spavento, avrebbero desistito alla sacrilega impresa. Questo miracolo parve ai reatini prova manifesta della volontà della Santa di rimanere sepolta a Rieti.

PIACENZA
Carlo Magno, re d’Italia e conquistatore di Nicomedia, avrebbe ottenuto dal Pontefice Formoso che la venerata spoglia di S. Barbara, fosse donata alla di lui sorella Angilberga, vedova dell’imperatore Lodovico II e fosse sepolta nella cripta della monumentale Basilica di S. Sisto in Piacenza.
È accertato che il Vescovo di Piacenza in unione con l’artigliere Duca d’Aosta, comandante della III armata, sulla base, pare, di documenti inoppugnabili, verso il 1915 abbia desunto in modo equivocabile che il corpo di S. Barbara di Nicomedia sia effettivamente quello conservato nella chiesa di S. Sisto in Piacenza, nella cripta dedicata ai Caduti e solennemente inaugurata alla presenza del Re Vittorio Emanuele III dopo la grande guerra vittoriosa. Sul medesimo altare, in un quadro del Raffaello, la Santa è raffigurata in atto di venerazione ai piedi della Vergine.
Durante la guerra 1915 - 1918, pur essendo Piacenza circondata da numerose polveriere e depositi di munizioni, i piacentini ricevansi tranquilli essendo Santa Barbara entro le mura della città; ed infatti nulla accadde di eccezionale.

BURANO
Nel 991 Giovanni Orseolo, figlio del Doge di Venezia, trovandosi a Costantinopoli chiese in sposa la nipote dell’imperatore Basilio II. L’imperatore acconsentì e le nozze furono celebrate con sfarzo. Quando il giorno della partenza fu prossimo , l’augusta sposa prima di abbandonare la patria volle con sé le reliquie di Santa Barbara, di cui era particolarmente devota. Le sacre spoglie, trasportate a Venezia e deposte dapprima nella basilica di S. Marco furono depositate nel 1009 a Torcello, nella chiesa di San Giovanni Evangelista, mentre la reliquia del cranio, custodita prima in un busto di legno poi in uno di metallo, era stata collocata nella chiesa di S. Barbara dei Librari.
Con soppressione della parrocchia, il 15 settembre 1594, l’insigne reliquia fu portata a S. Lorenzo in Damaso. Il reliquario, parte in argento, parte argento e bronzo dorato, è da attribuirsi alla prima metà del XVI secolo. Le sacre spoglie sarebbero state poi trasportate nell’isola di Burano (1810), e collocate in un altare della chiesa di S. Martino, dove tuttora sono venerate.

Ad avvalorare che le spoglie della Santa riposano nel sacello di Burano sta l’atto di fede compiuto dal patriarca di Venezia, Card. Roncalli (poi Papa Giovanni XXIII), che designò Santa Barbara, quale una dei sette Patroni della città. I buranesi sostengono che il vero corpo di Santa Barbara sia quello conservato nella loro chiesa di S. Martino e nel 1926, quasi per rendere ufficiale l’autenticità della reliquia, trasportarono il glorioso corpo della Santa con grande pompa nella cappella costruita per i Caduti in guerra. I pescatori di Burano, quando il mare è grosso e minaccia burrasca ancora oggi la loro antica invocazione: “Santa Barbara del canon / Protegeme da sto ton / Protegeme da sta saeta, / S. Barbara benedetta”.

MONTECATINI E PISA
Mancano notizie precise su come si sia sviluppato il culto di Santa Barbara in terra toscana e come possa essere giunta l’importante reliquia con il prezioso reliquario.
La distruzione di Montecatini nel 1554 fu davvero fatale, perché Cosimo dei Medici, presumendo di cancellare perfino la memoria del Castello, fece bruciare tutti gli archivi.
Osservando il teschio di S. Barbara, conservato nello splendido reliquario della Chiesa di S. Pietro Apostolo di Montecatini Alto, ci si può porre la questione di come e per quale ragione si trovi al Castello una reliquia così importante della vergine e martire di Nicomedia. Tralasciando il problema dell’autenticità delle reliquie dei santi, stabilita dalla Chiesa, si deve constatare che queste memorie di devozione si trovano soprattutto nelle città di mare o in luoghi che hanno avuto con questi centri rapporti politici e commerciali di una certa rilevanza. Questo vale per le reliquie dei santi provenienti da fuori, soprattutto dall’Oriente. Tali rapporti politici ed economici soprattutto nell’alto Medioevo, furono mantenuti dalle repubbliche marinare di Amalfi, Venezia, Pisa e Genova: guerrieri, mercanti e banchieri facevano a gara per riportare nelle loro città, oltre che prodotti dell’Oriente, anche i corpi dei martiri e dei santi, di cui vi era ricchezza in quelle terre, per onorarli degnamente nelle loro cattedrali e per ricordo anche delle proprie gesta.
E’ certo che a Pisa, nella raccolta di reliquie della chiesa Primiziale, si trova l’osso mandibolare attribuito alla martire Barbara (ne fa menzione anche il canonico Paolo Tronci nella descrizione delle chiese capitolari della città, in un manoscritto della seconda metà del XVII secolo). La mandibola di Pisa completa il teschio di Montecatini che ne è privo e a detta del prof. Carlo Fedeli (come riporta Giovanni Gentili nella sua pubblicazione per il 17° centenario del martirio di Santa Barbara del 1936) “ i capi articolati o condili corrispondono con la cavità glenoidea dei temporali”.
Poiché le due ossa non possono combaciare esattamente se non appartengono allo stesso cranio, conclude il prof. Fedeli, ne deriva conseguentemente che il teschio incompleto di Montecatini che la mandibola di Pisa appartengono alla stessa persona, cioè al corpo di Santa Barbara o a quello ritenuto suo. Se esaminiamo i rapporti politici ed economici fra Pisa e Montecatini nel secolo XIV, sotto Uguccione della Faggiola, se consideriamo che il reliquario è di un epoca di poco posteriore a tale secolo, appare evidente che una parte del cranio della Santa sia stata ceduta a Montecatini da Pisa, tanto più che ai pisani era certamente noto che Barbara era stata scelta da Montecatini come patrona fin dall’alto medioevo e che pertanto avrebbe gradito una reliquia così importante della vergine martire di Nicomedia.
Un’altra spiegazione più plausibile è che al tempo delle Repubbliche marinare, Venezia , voleva il dominio di tutti i nostri mari. L’unico suo problema era l’importanza della Repubblica di Genova nel mar Tirreno e nel Mediterraneo per commerci con il Medio Oriente. Per ottenere la supremazia dichiarò quindi guerra a questa sua rivale, alleandosi a Pisa. Quest’ultima accettò volentieri ma volle come ricompensa, tra l’altro, la testa di Santa Barbara. La Repubblica veneta a malincuore accondiscese a questo desiderio pur di ottenere il risultato sperato.
Dopo qualche tempo Pisa non voleva sottostare ai voleri di Firenze. Si preparò a resistere allo strapotere fiorentino chiedendo aiuto a Montecatini. Questa accettò di dare il suo contributo reclamando una parte delle reliquie di Barbara. Pisa acconsentì a dare il teschio alla sua alleata mantenendo per sé la mandibola dello stesso. E’ pur vero che mancano documenti probativi o verbali che attestino il possesso di queste reliquie a Pisa e a Montecatini. Queste sono dovute esclusivamente al fatto che moltissimi documenti sono stati distrutti durante l’assedio, gli incendi ed i saccheggi di cui fu vittima il Castello della città di Montecatini, specialmente da parte dei fiorentini.
Tra le svariate ipotesi relative alla presenza di reliquie di Barbara in Toscana quella sopra riportata risulta la più attendibile e in parte storicamente riconosciuta.

VARIE ZONE D'ITALIA
Il Diario Romano del 1926, indica altre reliquie di Santa Barbara conservate in un cofanetto del XII secolo nel Tesoro di San Giovanni in Laterano a Roma, oltre che nella chiesa di Santa Maria in Trasportina (nell’altare a Lei dedicato c’è un frammento del suo braccio), nella Basilica dei Santi Cosma e Damiano e nella parrocchia di Santa Barbara alle Capannelle, proveniente dal corpo conservato a Venezia. Altre reliquie si trovano a Napoli, presso la Cappella della chiesa della Real Casa della SS. Annunziata, a Cremona, a Mantova, a Trapani ed a Carbonia.

Come si può capire le reliquie dei martiri antichi non sono mai “UNA” ma molte. Si potrebbe anche dire che esistono più sante di nome Barbara, o almeno di due Santa Barbara: una italica e una medio orientale. Poi c’è una Santa Barbara sarda (ma questo e un altro problema: sdoppiamento o corpo santo cagliaritano?)


santa Barbara di Nicomedia
Chiesa di Santa Barbara in Davoli (CZ)
































La Santità Silvestrina



“A molti sembra che i Santi siano lontani. Ma essi sono lontani da coloro che si sono allontanati, e sono invece vicinissimi a chi osserva i comandamenti di Cristo e possiede la grazia dello Spirito santo. Nei cieli tutto vive e si muove per mezzo dello Spirito Santo. Ma anche sulla terra c’è lo Spirito Santo. Vive nella nostra Chiesa, opera nei sacramenti, ispira la sacra Scrittura, vive nelle anime dei fedeli. Lo Spirito Santo unisce tutti gli uomini, per questo i santi sono vicini a noi. E quando noi li preghiamo essi, nello Spirito Santo, ascoltano le nostre preghiere, e le nostre anime percepiscono la loro intercessione per noi. Così fortunati e beati siamo noi, Cristiani, perché il Signore ci ha donato la vita nello Spirito Santo": così scrive Silvano del Monte Athos, grande Santo del monachesimo ortodosso.

Lo Spirito santo ha seminato germi di santità nel popolo di Dio che molti ordini religiosi, con il loro carisma, hanno fatto germinare per il bene della Chiesa. Tra costoro ricordiamo la santità all’interno dell’Ordine Benedettino Silvestrino nato nelle Marche, con l’ispirazione di Silvestro Guzzolini, nel 1227.

Il nuovo Ordine ottiene l’approvazione pontificia nel 1248 con la bolla papale di Innocenzo IV.

Ma qual è lo specifico di questa congregazione?

San Benedetto, nella sua Regola, è molto attento alle necessità umane e spirituali dei monaci e di tutte le persone che vengono in relazione con il monastero. Egli si rivolge con particolare attenzione, alle categorie più deboli: si parla di poveri, di malati, fisicamente o spiritualmente. Egli sintetizza con l’espressione che richiama l’attenzione di cercare, nel prossimo, il Volto di Cristo: una spiritualità che travalica i secoli, espressa anche nel magistero dal servo di Dio Giovanni Paolo II. Infatti nella Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae
Scrive: “Il Rosario, favorendo l'incontro con Cristo nei suoi misteri, non può non additare anche il volto di Cristo nei fratelli, specie in quelli più sofferenti. Come si potrebbe fissare, nei misteri gaudiosi, il mistero del Bimbo nato a Betlemme senza provare il desiderio di accogliere, difendere e promuovere la vita, facendosi carico della sofferenza dei bambini in tutte le parti del mondo?”.

E’ una spiritualità anche concreta e fatta di azioni. L’accoglienza è inserita da San Benedetto in questo quadro come risposta ai messaggi contenuti nel Vangelo: “ogni volta… l’avete fatto a me”. L’accoglienza benedettina, perciò, ha un fondamento cristologico e si presenta in un ampio spettro di applicazioni. San Benedetto, infatti, chiede di accogliere tutti gli ospiti come Cristo. Per San Benedetto, l’ospitalità monastica significa essere presenti realmente nel mondo con un proprio e preciso modo di essere, dove ha un posto importante anche la preghiera comune. La congregazione silvestrina, con la Devozione al Santo Volto partecipa in quest’opera di recupero delle più forti tradizioni monastiche. In tutti i continenti l’accoglienza è anche strumento di missione: ciò significa saper interpretare le esigenze, promovendo varie attività nel campo dell’educazione dei giovani, nel campo medico o in ogni altro settore importante per il progresso della civiltà.

Questo è il carisma, se pur in sintesi, della spiritualità silvestrina, ben radicato nella Regola monastica di San Benedetto.

Ora, in breve, le biografie dei fiori di santità spuntati nei chiostri dell’Ordine Benedettino Silvestrino.


San Silvestro Guzzolini

San Silvestro, della nobile famiglia Guzzolini, nacque ad Osimo (AN) nel 1177. A circa vent’anni parte per Bologna, inviatovi dal padre per apprendere il diritto e diventare avvocato. Studia giurisprudenza e vi riesce bene, ma dentro sente il vuoto. Nel 1208 ritorna ad Osimo con la Laurea in Teologia. Nel 1217 viene ordinato Sacerdote dal Vescovo di Osimo e gli viene conferito il beneficio canonico della Cattedrale. Ma successivamente decide di ritirarsi dal mondo, desideroso di piacere soltanto a Dio. Si rifugia in una grotta dell’appennino marchigiano, chiamata Grotta Fucile. Nel 1230 Silvestro approda sul Montefano, vicino Fabriano. Nel 1248 ottiene da papa Innocenzo IV la conferma della fondazione di una nuova Congregazione. Muore il 26 Novembre 1267. La memoria liturgica è il 26 novembre.


beato Giovanni dal Bastone

Tra i primi discepoli di San Silvestro, Giovanni del Bastone è sicuramente il più vicino al suo fondatore. La sua lunga vita monastica è segnata dai tanti insegnamenti verso i fratelli e confratelli e il simbolo della sua vita fu il bastone che, ancora conservato a Fabriano, ha assunto un significato spirituale più profondo rispetto al sostegno fisico che ne aveva il santo. La Congregazione Silvestrina ne celebra la “memoria facoltativa” il 31 agosto.


beato Paolino Bigazzini

Paolino della nobile famiglia dei Bigazzini, si fece monaco nel monastero dei Ss. Marco e Lucia del Sambuco, fondato intorno al 1260 nel territorio di Perugia, non lontano dal castello di Coccorano, feudo di famiglia. Fu ricevuto dallo stesso Silvestro e raggiunse in breve un alto grado di perfezione monastica, comprovato da vari miracoli. Alla morte di Silvestro, Paolino sentì suonare a distesa la campagna maggiore dell’eremo di Montefano. Egli annunciò ai fratelli il transito del padre spirituale; in seguito si ebbe la conferma che ciò era avvenuto precisamente nell’ora da lui indicata. Fu sepolto nella chiesa del monastero di Sambuco, poi fu trasferito nella chiesa di S. Maria Nuova di Perugia. Il suo culto è attestato fin dal sec. XIV a Perugia. La Congregazione Silvestrina ne celebra la “memoria facoltativa” il 4 maggio.


beato Ugo degli Atti

Ugo degli Atti da Serra San Quirico era fratello del Beato Giuseppe, immediato successore di San Silvestro. Fu accolto da Silvestro nel monastero di S. Giovanni di Sassoferrato, dove morì il 26 luglio del 1270 circa, dopo una vita dedita alle opere di misericordia e alla edificazione dei fedeli tramite il ministero della predicazione. Attualmente è sepolto a Sassoferrato nella chiesa di S. Maria del Piano. Nel 1756 il pontefice Benedetto XIV ne approvò il culto e lo inserì nell’albo dei “beati”. A Sassoferrato, di cui è patrono, la festa si celebra il 26 luglio; nella Congregazione Silvestrina, invece, e a Serra San Quirico, di cui è compatrono, il giorno successivo


beato Bartolo (Simonetti) da Cingoli
III Priore dell'Ordine

Nacque a Cingoli, nelle Marche, nella prima metà del sec. XIII dalla famiglia dei Simonetti. Entrato nella Congregazione fondata da S. Silvestro, fu eletto Priore Generale dell’Ordine che governò per 25 anni dal 1273 al 1298. Fondò otto monasteri, distinguendosi per prudenza e amore per l’osservanza regolare. Morì il 3 agosto 1298 nel monastero di S. Pietro della Castagna presso Viterbo. Fu sepolto nella chiesa dell’Eremo di Montefano, dove si trova un altare a lui dedicato. La Congregazione Silvestrina ne celebra la “memoria facoltativa” il 3 agosto.


beato Giuseppe degli Atti
II Priore dell'Ordine

Il beato Giuseppe dei conti degli Atti. Fu fratello del beato Ugo, e dopo la morte del Santo Fondatore Silvestro, rese la Congregazione dal 1268 al 1273, nel quale anno morì il 24 di agosto, mentre si trovava a Perugia, nel Monastero di S. Benedetto. Il suo governo se non valse, per la lotta esterna che egli dovette sostenere, a estendere la Congregazione, valse certo a rafforzarla nella disciplina e a renderla indipendente dalla indebita autorità di estranei; riuscì perciò, sotto questo aspetto, fecondo di bene e fu veramente provvidenziale. La Congregazione Silvestrina ne celebra la “memoria facoltativa” il 25 agosto.


beato Giovanni dalla Cella (o Solitario)

Fattosi monaco sotto la guida di Silvestro, condusse vita eremitica in una cella appartata sul Montefano, presso Fabriano; per questo denominato "Solitario" o "dalla cella". Per umiltà non volle diventare sacerdote, preferendo rimanere nello stato laicale. Fu particolarmente legato al B. Giovanni dal Bastone. Non si conosce la data della morte; la tradizione ne ha assegnato la memoria al 31 agosto.



beato Benvenuto da Piticchio

Benvenuto da Piticchio di Acervia, fu molto tormentato dal demonio, contro il quale lottò con le armi della preghiera e della mortificazione. Si concedeva pochissimo riposo, poggiando le stanche membra alle pareti della cella monastica e su un duro sedile. Un giorno, urtato dal maligno mentre stava in preghiera, precipito dal solaio dell’eremo di Montefano. Sopravvisse dieci giorni fra dolori indicibili, sopportati con grande pazienza. La Congregazione Silvestrina e la diocesi di Senigallia ne celebrano la “memoria facoltativa” il 6 dicembre.


beato Simone da Ripalta

Visse nel XIII secolo e morì verso la fine del XIV nel monastero silvestrino di S. Marco di Ripalta. Fu discepolo di S. Silvestro Guzzolini che lo accolse come fratello converso. Il corpo di Simone rimase a lungo nella chiesa di S. Marco di Ripalta e successivamente fu portato segretamente in una chiesa di Serra Santabbondio. La Congregazione Silvestrina ne celebra la “memoria facoltativa” il 26 agosto.


beato Filippo da Varano

Filippo da Varano di Recanati, primo discepolo di san Silvestro a Grottafucile, per un certo periodo di tempo ne fu anche il compagno di viaggio. L’abate Silvestro lo gratificò di un miracolo, guarendolo da un’infermità alle ginocchia. Morì nel monastero di S. Pietro del Monte presso Osimo. Non ha culto ufficiale.


beato Giacomo di Attiggio (Attidio)

Giacomo da Attiggio di Fabriano, fu monaco di meravigliosa semplicità e di grande umiltà. Meritò di vedere il Montefano illuminato alla morte dell’abate Silvestro. Non ha culto ufficiale.


beato Bonaparte

Bonaparte, il 26 novembre 1267, mentre era nel monastero di S. Tommaso di Jesi, ebbe la visione della gloria dell’abate Silvestro al momento del pio transito. Non ha culto ufficiale.


servo di Dio Ildebrando Gregori, abate

Nato a Poggio Cinolfo, Comune di Cursoli, in provincia de L'Aquila l'8 maggio 1894. A 12 anni, indirizzatovi dal Card. Segna, nativo di Poggio Cinolfo, entrò nella Congregazione dei Benedettini Silvestrini ed iniziò il noviziato al Protocenobio di San Silvestro Abate sul Monte Fano, nel 1909. Vestendo l'abito di monaco prese il nome di Ildebrando. Era studente di Filosofia, ma all'inizio del corso teologico, dovette arruolarsi. Si era nel periodo della prima guerra mondiale. Fu assegnato alla Sanità e promosso caporale della 20° sezione; fu anche attendente del Cappellano don Pietro Ciriaci, divenuto poi arcivescovo, Nunzio Apostolico e Cardinale. Terminata la guerra e rientrato in monastero, frequentò teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Nel 1922 fu ordinato sacerdote a Roma nella Basilica dei Santi Apostoli. Nel 1939, all'età di 45 anni, viene eletto Abate generale della Congregazione Benedettina Silvestrina. Ricoprirà l'incarico per vent'anni. Nel medesimo periodo in cui fu Abate generale, era apprezzato predicatore, ma soprattutto direttore spirituale di anime, di alcune delle quali è in corso la Causa di Beatificazione e Canonizzazione tra queste, beata Maria Pierina de Micheli, della Congregazione delle Figlie dell'Immacolata Concezione di Buenos Aires, Madre Geltrude Billi, Cofondatrice delle Ancelle del S. Cuore di Città di Castello e Madre Laura Curlotta, terza Superiora generale delle Suore di Ravasco. Caratteristica inconfondibile della direzione spirituale condotta dal p. Gregori, fu la devozione e la spiritualità del S. Volto di Cristo. Nell'immediato dopoguerra (1945-1946) per circostanze che si confermarono provvidenziali, raccolse alcuni fanciulli poveri e abbandonati, assistendoli integralmente. Questo apostolato si estese ben presto e, dal prima nucleo creato a Bassano Romano, nacque la sua imponente Opera assistenziale, per condurre la quale il p Gregori fondò una Congregazione religiosa femminile le "Suore Benedettine Riparatrici del Santo Volto di Nostro Signore Gesù Cristo". Attuando un suo vivo desiderio, aveva creato a Roma, in Via della Conciliazione 15, la Casa e comunità religiosa "Deo gratias", dove ha vissuto gli ultimi due decenni e di dove è salito alla pace eterna il 12 novembre 1985, all'età di 91 anni. II suo corpo riposa in Bassano Romano, nel coro della Cappella della Casa Madre e Generalizia della Congregazione da lui.
Il processo per la causa di canonizzazione è stato aperto presso al dicoesi di Roma nel 1992 ed ha ricevuto il nihil obstat dalla S. Sede il 28 Ottobre 1992. È stato concluso il 3 luglio 2007.


servo di Dio Bernardo Regno
vescovo missionario di Kandy

Originario di Valleremita di Fabriano (1886 – 1977). Fu vescovo di Kandy dal 1936 al 1958. La sua morte, dopo 70 anni di misionione, avvenne nel monastero di S. Silvestro a di Ampitiya presso Kandy (Sri Lanka): il 2 settembre 1977.
È in corso presso la diocesi di Kandy, a causa della fama di santità di Mons. Regno, il processo diocesano per il riconoscimento delle virtù eroiche.


beato Giacomo da Fabriano

monaco silvestrino (?) raffigurato nel Protocenobio di San Silvestro Abate sul Montefano a Fabriano. Non si comprende bene l’omonimia con il “De Attigio”.


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Bibliografia e Fonti

o AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II appendice – Ed. Città Nuova
o Angelini Fiorenzo – L’eremo e la folla, L’abate Ildebrando Gregori OSBCS – Tip. Poliglotta Vaticana, 1986
o C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142
o Fattorini Vincenzo – I discepoli di San Silvestro – Coll. Sentieri di Montefano - Ed. Monastero San Silvestro, Fabriano, 1997
o Fattorini Vincenzo – Il beato Giovanni dal Bastone - Ed. Monastero San Silvestro, Fabriano, 1998
o Fattorini Vincenzo – l’uomo di Dio Silvestro - Ed. Monastero Montefano, Fabriano, 1983
o Grenci Damiano – Quaderno 7 – Santità Silvestrina – pp. 24 – Ed. DMG, 2004
o Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2010
o Pagnani Alberico – Vita di S. Ugo, monaco silvestrino – Arti Grafiche Gentile, Fabriano, 1942
o Paoli Ugo - Silvestro Guzzolini e la sua Congregazione – Coll. Sentieri di Montefano - Ed. Monastero San Silvestro, Fabriano, 1995
o Simonetti Claudio – Silvestro Guzzolini, Bartolo Simonetti, Uomini di Dio fra gli uomini per un mondo più giusto e più umano – Ed. Alzani, Pinerolo, 1980
o sito web di santiebeati.it
o sito web di sanvincenzo.silvestrini.org
o sito web di newsaints.faithweb.com



Ed. DMG
16 dicembre 2010

I MIEI SITI

Santi Pietro e Ambrogio di Milano



Il mio archivio di foto su FLICKS:

Il mio archivio di foto su Flikers


Il mio sito su i "corpi santi" o martiri delle catacombe, uno dei temi agiografci a me più cari:

www.beepworld.it/members/grencidamiano/index.htm



Un sito dove collaboro ed edito i miei quaderni:

www.cartantica.it/pages/_collaborazionisantefamiglie2.asp




Altro sito dove collaboro (è in spagnolo... traducono per me!):

www.preguntasantoral.es/?p=3177

(se cerchi qui trovi altri articoli)




Buona visione!

Faustæ e Probi - i due corpi santi venerati a Walderbach



Introduzione

La vita cristiana è segnata dal dono della Spirito Santo il quale, parlando in noi, ci fa riconoscere Dio come Padre. Lo Spirito di Gesù è il dono che se accolto dalla nostra libertà, legandoci a Cristo, ci lega al suo destino: la santità. Infatti dice la preghiera Eucaristica III: " Padre santo fonte di ogni santità», è il Padre che in Cristo per opera dello Spirito, accolto dalla nostra libertà, ci santifica. Così ognuno di noi potrà dire come l’apostolo Paolo: «Per la grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana».

Lo Spirito Santo, la grazia di Dio, è concesso a tutti, è dono gratuito di Dio, è dono uguale per tutti, perché è uno e indivisibile. Ciò che crea diversità è soltanto causato dalla risposta della libertà di ciascuno. È qui solo che c’è differenza tra noi tutti e i Santi.

La Chiesa, secondo la sua Tradizione, venera i Santi e tiene in onore le loro Reliquie e le loro immagini; nelle feste dei Santi proclama le meraviglie di Cristo nei suoi Servi e propone ai fedeli esempi da imitare.

I primi Santi venerati nella Chiesa sono i Martiri (= testimoni): quegli uomini e quelle donne che sparsero il loro sangue per restare fedeli a Cristo che per tutti aveva sacrificato la sua vita sulla croce. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici».

Gesù aveva preannunciato le persecuzioni per i suoi discepoli: «Io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi... Sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro ed ai pagani. E quando sarete consegnati nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire: non siete, infatti, voi a parlare, ma lo Spirito del Padre che parla per voi».

La storia della Chiesa, di tutti i tempi e di tutti i luoghi, dall’età apostolica ai giorni nostri, è stata segnata dalla testimonianza di innumerevoli cristiani che sono stati arrestati, torturati ed uccisi in odio a Cristo. Il martirio è sempre stato ritenuto dai cristiani un dono, una grazia, un privilegio, la pienezza del Battesimo, perché si è «battezzati nelle morte di Cristo». Il Concilio Vaticano II così insegna: « Già fin dai primi tempi quindi, alcuni cristiani sono stati chiamati, e altri lo saranno sempre, a rendere questa massima testimonianza d'amore davanti agli uomini, e specialmente davanti ai persecutori. Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità. Ché se a pochi è concesso, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce durante le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa. » (LG 42).


I “corpi santi”

Il culto delle reliquie, derivante dalle onoranze per i defunti, è oggi raccomandato ma non imposto dalla Chiesa. Il Concilio di Trento nella sua venticinquesima sessione lo emendò dagli eccessi e il Concilio Vaticano II così si espresse: " La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare. ". (SC. 111)
Un avvenimento segnò un’epoca e una moda, se così possiamo dire. Nelle catacombe solo nel XVI secolo, grazie anche all'interesse suscitato da San Filippo Neri, vennero riprese le ricerche di reliquie. Si riesumarono "corpi santi", "martiri inventi" che venivano trasferiti nelle chiese della città. Il ritrovamento nei loculi di semplici balsamari o d'epitaffi recanti simboli di fede erano sufficienti, per la metodica dell'epoca, come prova dell'avvenuto martirio. L’esperienza romana fu poi applicata anche in altri luoghi dove esistevano catacombe.
Con il termine di “corpo santo” si identificano quelle reliquie ossee che, proveniente dalle catacombe romane e non solo, furono traslate nell’Urbe e nell’Orbe, in un periodo comprese tra la fine del XVI secolo e la seconda metà del XIX secolo.

Perché “corpo santo” e non “santo corpo”? La differente posizione dell’attributo (santo) rispetto all’oggetto (corpo) determina una differenza sostanziale: possiamo definirla una certezza d’identità del soggetto. Il “corpo santo” è un oggetto in quanto tale, un corpo di un defunto nelle catacombe, che solo in un secondo tempo ha una valenza sacrale.
Ma come riconoscere un “corpo santo” nelle catacombe? Tutte le sepolture erano di “martiri”? È un discorso molto grande che lasciamo ad altri studi, qui vogliamo solo rifarci a Marcantonio Boldetti (famoso custode pontificio e incaricato per l’estrazione dei corpi dalle catacombe), il quale dava per certe le spoglie scoperte attribuendole ad un martire dei primi tre secoli. La simbologia che definiva la sepoltura di un martire era: la palma, il XP, la scritta B.M. (“Beato Martire”), e poi nel suo interno un balsamario con “il sangue”. Spesso la lapide riportava il nome del “martire”, in caso contrario dopo l’estrazione veniva attributo un nome e i criteri di rinomina dei “corpi santi” è molto vario (ad esempio il nome del…. vescovo diocesano o pontefice in carica; titolare della Chiesa che accoglie il corpo; della catacomba da cui è estratto; eccetera).
Ciò che importa, oggi come oggi, è la valenza simbolica del “corpo santo”: un cristiano della Chiesa dei primi secoli (spesso dell’Urbe e quindi la comunione con la Santa Sede), un testimone verace del Vangelo, fino al dono della propria vita con il martirio.

Infine, il culto dei “corpi santi” è oggi vario: in oblio e le reliquie scomparse; molto vivo o addirittura vivace essendo il “martire” patrono di qualche località.




Faustæ e Probi: i due “corpi santi” venerati a Walderbach

Nello specifico dei “corpi santi” di Walderbach cosa possiamo dire?

In primis: non ci sono pervenute notizie specifiche al riguardo. La chiesa di Walderbach è certo essere chiesa monastica dell’Ordine Cistercense tra il 1143 e il 1803. Certamente è da attribuire ai monaci cistercensi l’arrivo delle reliquie dei Martiri dalle catacombe romani (suppongo!). Dal 1808 la chiesa è divenuta chiesa parrocchiale della cittadina di Walderbach.

Le due sante reliquie sono conservate negli altari laterali e sono i primi altari guardando l’altare maggiore: a destra è il martire Probo e a sinistra la martire Fausta. Questo dice l’importa di collocazione rispetto all’altare dove è conservato la presenza reale di Cristo: il SS. Sacramento.

Essi sono infatti un segno della sequela christi, il martirio come via della fedeltà coraggiosa dell’adesione al messaggio cristiano.

Esisto altri “corpi santi” venerati in Italia che portano l’omonimo nome, ma che nulla hanno a che vedere con le reliquie suddette:

o Fasta (Fausta) – chiesa San Antonio – Calandra (MT)
o Fausta – santuario Madonna della Neve – Frosinone
o Martiri (Carissima, Venerando, Leto, Vittorio e Probo) – cappella di San Giorgio presso Santuario delle Sette Chiese – Monselice (PD)
o Probo – cappella padronale di – Carnate (MI) - XVII secolo
o Probo – Certosa – Padula (SA)
o Probo – parrocchia Santi Pietro e Paolo – Monasterolo (CN) - II dom./10.

Cosa dire ancora? Il “corpo santo” di Fausta e Probo è un bell’esempio di come nostri padri ci educavano, in modo chiaro e visibile, ai valori che devo muovere il mondo, in una parola dopo quando detto: Cristo e il suo Vangelo!

PENSIERI DI SANTI


Servo di Dio P. Mario Borzago

Paksane, 1 XII 1958

“Quando Gesù trionferà pienamente nelle nostre anime?
Quando verrà e non ci abbandonerà mai più,
e sarà vinta per sempre la lotta col male?

Potessi fermare tutta la mia vita accanto al Tabernacolo e pregare, unicamente pregare.
Poter celebrare una lunga santa Messa e salvare tutti gli uomini:
una santa Messa che mi faccia Cristo col Cristo
sull’altare della Calvario”.

Padre Mario Borzago
(1932 – 1960)
sacerdote O.M.I.
martire in Laos


Santa Bernadette vergine




“Quando Nostro Signore sarà nel vostro cuore, abbandonatevi a lui e gustate in pace le delizie della sua presenza. Amate, adorate, ascoltate, lodate, vi dirò anche: gioite. … Gli angeli invidiano la tua gioia, possedendo questo Dio tre volte Santo, cantando incessantemente le sue lodi, ma non possono riceverlo come noi. … Che bontà quella di Gesù nell’abbassarsi, fino a donarsi a noi e a fare del nostro povero cuore la sua dimora”.


(Santa Bernadette)



"Spirito Santo Dio di amore e di carità, sacro nodo che tiene strettamente unito il Padre eterno con l'Unigenito suo Figlio, amabile autore di tutte le sante e caste unioni, ti adoriamo e ti ringraziamo per averci unite così perfettamente nel divinissimo Sacramento dell'Eucaristia col nostro Salvatore Gesù Cristo, nostro adorabile Redentore… vero Dio e vero Uomo, affinché perseveriamo in questi giusti sentimenti ed in lodarti e adorarti incessantemente, non permettere che giammai ci separiamo da te con le nostre ingratitudini… col perdere la tua Presenza."

(beata Maddalena dell'Incarnazione)


Madre Maria Amata Fazio

Madre Maria Amata Fazio nacque a Palermo nel 1915, decima di dodici figli. Conseguito il diploma magistrale, nel 1934 entrò nell’Istituto delle Serve dei Poveri, fondato dal b. Giacomo Cusmano. Appena professa, le vennero affidate le novizie. Ma l’anelito da sempre avvertito verso la vita contemplativa la spinse a chiedere e ottenere il passaggio all’Ordine della Visitazione, nel Monastero di Palermo (1948). Compiuto il tempo di noviziato ad Annecy, culla dell’Ordine, ritornò a Palermo, ove ben presto venne eletta Superiora, tale rimanendo – con le dovute interruzioni – per ben 27 anni, facendo rifiorire il Monastero nei muri e soprattutto nelle persone. Difficoltà all’esterno e sofferenze nell’intimo furono sue compagne fedeli, senza fermarla mai. Nel 1996 fu colpita da paralisi, che, inchiodandola sulla sedia a rotelle, la fissò in uno stato di incessante preghiera e sofferenza. Si spense serenamente il 23 febbraio 2005. La sua vita e i suoi pochi ma ardenti scritti la manterranno viva nella memoria di chi l’ha conosciuta di persona o tramite le sue parole.

 "Sentii che la grazia, soltanto la grazia, era l’unico possibile, adeguato sostegno alla impossibilità umana” (Madre Amata).

“In defensum castitatis”


“Sento, però, che tutto sarebbe molto più semplice se io davvero riuscissi a mettere Cristo al primo posto. Se riuscissi a metterti, Signore, dl centro del mio essere, del mio avere, del mio vivere sono sicura che avrei la sicurezza che la tua forza mi sostiene. E invece no. Ragiono troppo! Sono troppo piena di me e non ho il coraggio di abbandonare e di fare la tua volontà. È un periodo di deserto e di oasi, ma io vorrei che finisse presto, che dopo l’aridità davvero fiorissero le mie zolle”.

Santa Scorese
(1968 - 1991)

“In defensum castitatis”

“In defensum castitatis”: con questa indicazione propria, l’Index ac Status Causarum indica quelle figure di santità che per fede hanno difeso la loro dignità di donna e la loro bellezza di creatura, fatta ad immagine di Dio, fino al martirio per custodire la verginità.

Ecco l'elenco in ordine di data di Martiro:

Santa Maria Goretti

Nata Corinaldo (Ancona) il 16 ottobre 1890, muore a Nettuno (Roma) il 6 luglio 1902. Martirologio Romano in data 6 luglio, scrive: “Santa Maria Goretti, vergine e martire, che trascorse una difficile fanciullezza, aiutando la madre nelle faccende domestiche; assidua nella preghiera, a dodici anni, per difendere la sua castità da un aggressore, fu uccisa a colpi di pugnale vicino a Nettuno nel Lazio”.


beata Carolina Kozka

Nata il 2 agosto 1898 in Wał-Ruda, Małopolskie (Polonia), nella diocesi di Tarnów. Morta per difendere la propria purezza il 18 novembre 1914. Beatificata il 10 giugno 1987. Alla Beata è dedicato un santuario nel suo paese natio.

serve di Dio Maria De San José Parra Flores e Coleta Meléndez Torres

Giovani delle diocesi di San Juan de los Lagos.

Maria, nata il 16 May 1892 in El Sabinito, La Piedad, Michocán de Ocampo (Messico). Membro dell’Associazione Bambini di Maria Immacolata.

Coleta, nata il 26 March 1898 in Tierras Blancas, Guanajuato (Messico). Membro dell’Associazione Bambini di Maria Immacolata.

Le due amiche muoiono il 24 dicembre 1917, per difendere la propria purezza, a Degollado, Jalisco (Messico). È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione.

Beata Albertina Berkenbrock

Bambina della Diocesi di Tubarão e Florianópolis. Nata l’11 Aprile 1919 a Vargem do Cedro, Santa Catarina (Brasile). Muore per difendere la propria purezza il 15 giugno 1931 a Vargem do Cedro, Santa Catarina (Brasile). È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione con nulla osta da parte della S. Sede in data 2 ottobre 2001. Beatificata nel 2007

Serva di Dio Maria De La Luz Cirenea Camacho Gonzalez

Giovane della Diocesi di Città del Messico. Nata il 17 maggio 1907 a Tacubaya, Distrito Federál (Messico). Terziaria dell’Ordine Francescano. Morta il 30 dicembre 1934, per difendere la propria purezza, a Tacubaya, Distrito Federál (Messico).
beata Antonia Mesina
Giovane della diocesi di Nuoro. Nata a Orgosolo (NU), il 21 giugno 1919. Morta, per difendere la propria purezza, il 17 maggio 1935 nella campagna di Orgosolo. Beatificata il 4 ottobre 1987. Il suo corpo è custodito nella parrocchia del suo paese natio.

Serva di Dio Maria Viera Da Silva

Bambina della diocesi di Angra. Nata l’11 novembre 1926 a Vila de São Sebastião, Terceira, Azores (Portogallo). Muore, per difendere la purezza, il 4 giugno 1940 a Vila de São Sebastião. È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione.

Serva di Dio Elena Spirgevičiūtė

Giovane della diocese di Kaunas. Nata il 22 settembre 1924 a Tvirtovės, Kaunas, Kauno rajonas(Lithuania). Muore a Tvirtovės, per difendere la propria purezza, il 3 gennaio 1944. È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione con nulla osta della Santa Sede in data 22 ottobre 1999

Beata Teresa Bracco

Giovane della Diocesi di Acqui Terme. Nata il 24 febbraio 1924 a Santa Giulia di Dego (SV). Morta a Santa Giulia il 24 maggio 1944 per difendere la propria purezza. Beatificata il 24 maggio 1998.

Maria Isoardo

Centallo, Cuneo, 12 giugno 1917 – Pietraporzio, Cuneo, 20 aprile 1944. Giovane maestra assegnata a disagiate scuole di montagna. Il 20 aprile 1944, mentre sui monti del cunese infuria la rappresaglia tedesca che semina distruzione e morte, la ventisettenne maestrina resiste con tutte le sue forze alla violenza di un ufficiale tedesco e viene uccisa nella sua scuola. È decorata con la Medaglia d’Oro della Pubblica Istruzione.

Serva di Dio Anna (Anka) Kolesarova

Giovane della Diocesi di Košice. Nata il 14 luglio 1928 a Vysoká nad Uhom, Košický kraj (Repubblica Slovacca). Muore il 22 novembre 1944 a Pavlovce nad Uhom, Košický kraj (Repubblica Slovacca). È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione con nulla osta della Santa Sede in data 3 luglio 2004.

Serva di Dio Bodi Maria Magdolna

Giovane della diocesi di Veszprém. Nata l’8 agosto 1921 a Szigliget, Veszprém (Ungheria). Muore per difendere la propria purezza il 23 marzo 1945 a Litér, Veszprém (Ungheria). È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione.

Serva di Dio Concetta Lombardo

Giovane dell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace. Nata il 7 luglio 1924 a Stalettì (CZ). Socia dell’Ordine secolare francescano e catechista. Muore per difendere la propria purezza il 22 agosto 1948 a Stalettì (CZ).

Angelina Zampieri

Nata nel 1893. Muore per difendere la propria purezza il 24 luglio 1913. Si racconta di lei che prima di morire disse: “Lo perdono e lo perdoni anche il Signore e lo accolga in Cielo”. Nel 1952, i resti mortali di Angelina furono trasportati nella parrocchia di origine a Limana.

Rosa Del Bene

Nata a Palena (CH) il 16 dicembre 1923, muore il 22 novembre 1943. Scrive di lei don Antonio Chiavarini nel libro “Palena nella corona dei suoi Santi” (Sulmona 1982, p. 55): “Noi non sappiamo, né potremo mai sapere, con precisione esatta, quale sia stata la ragione decisiva che balenò nell’intelligenza, improvvisamente provvida, di Rosa Del Bene, quando si vide davanti il soldato tedesco o il gruppo di soldati, bramosi cani dell’insana voluttà. Ma ebbe l’intuito divino, dono della Sapienza, che il peccato è un male. Forse la illuminò all’istante l’entusiasmo di Maria Goretti, che al tentatore della sua angelica purezza, ripeteva: “È peccato! È peccato!”.

Elide Rosella

Sezze, Latina, 1° dicembre 1919 – Suso, Latina, 2 giugno 1944. La sera del 2 giugno 1944 Elide Rosella si recò a dormire a casa di alcune sue vicine. Nel cuore della notte vennero svegliate da violenti colpi alla porta, che si aprì subito sotto i calci di un gruppo di soldati di nazionalità marocchina. Uno dei soldati di colore si diresse verso Elide Rosella e le intimò di andare con loro, al che Elide con fermezza cristiana si oppose. Di fronte a questa resistenza così forte, dettata dalla fede e dall’amore per la virtù, il soldato, non ci pensò due volte e le sparò un colpo di pistola al petto; morì di lì a poco, dopo qualche secondo. Elide Rosella è sepolta nel cimitero comunale di Sezze.

Marisi Morini

Bambina della Diocesi di Ferrara e Comacchio. Nata nel 1951, morta a Fossanova San Biagio (FE), per difendere la propria purezza, il 1 marzo 1964. I Giornali alla sua morte dicono di lei: “è martire… è santa… un’altra Maria Goretti”.

Serva di Dio Giuseppina (Josefina) Vilaseca Alsina

Bambina della Diocesi di Vic. Nata il 9 marzo 1940 a Santa Maria d’Horta d’Avinyó, Barcellona (Spagna). Muore per difendere la propria purezza il 25 dicembre 1952 a Manresa, Barcellona.

beata Pierina Morosini

Giovane della Diocesi di Bergamo. Nata il 7 gennaio 1931 a Fiobbio di Albino, Bergamo. Morta per difendere la propria purezza il 6 aprile 1957 nel suo paese natale presso il monte Misma. Beatificata il 4 ottobre 1987.

Serva di Dio Veronica Antal

Giovane della diocesi di Iaşi. Nata a Nisiporeşti, Boteşti, Neamţ (Romania), il 7 dicembre 1935. Socia dell’Ordine secolare francescano. Muore il 24 agosto 1958 per difendere la propria purezza a Hălăuceşti, Iaşi (Romania). È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione con nulla osta della Santa Sede in data 10 luglio 2003.

Marisa Porcellana

Bambina di Orbassano (TO). Nata nel 1951, morta, per difendere la propria purezza, il 4 luglio 1964. Il primo miracolo di Marisa: la riconciliazione tra le due famiglie, quella della vittima e dell’assassino.

beata Alfonsina Anaurite Nengapeta (Maria Clementina)

Religiosa professa della Congregazione della Sacra Famiglia. Nata nel 1941 a Wamba (Congo). Morta per difendere la propria purezza a Isiro (Congo) il 1 dicembre 1964. Beatificata il 15 agosto 1985.

Serva di Dio Isabella Cristina Mrad Campos

Giovane della diocesi di Mariana (Brasile). Nata il 29 luglio 1962 a Barbacena, Minas Gerais (Brasile). Morta, per difendere la propria purezza, il 1 settembre 1982 a Juiz de Fora, Minas Gerais (Brasile). È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione con nulla osta della Santa Sede in data 18 novembre 2000.

Serva di Dio Santa Scorese

Giovane della diocesi di Bari-Bitonto. Nata a Bari il 6 febbraio 1968. Morta, per difendere la propria purezza, il 15 marzo 1991 a Bari. È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione con nulla osta da parte della Santa Sede in data 31 marzo 1998

Serva di Dio Maria Israel Bogotà Baquero

Religiosa professa delle Suore Carmelitane di Madre Candelaria. Nata il 3 marzo 1943 a Arbeláez, Cundinamarca (Colombia). Morta, per difendere la propria purezza, il 22 settembre 1991 a La Grita, Táchira (Venezuela). È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione con nulla osta della Santa Sede in data 21 marzo 2002.

Serva di Dio Marta Obregon Rodriguez

La Coruña, Spagna, 1° marzo 1969 – Burgos, Spagna, 21 gennaio 1992. La ragazza spagnola Marta Obregon Rodriguez, appena ventiduenne, appartiene a quella folta schiera di ragazze cattoliche che non hanno esitato a testimoniare la loro fede difendendo la loro castità attentata dalle insidie di un qualche aggressore. La sua causa di beatificazione è stata introdotta dall’Arcidiocesi di Burgos ed ha ricevuto il Nulla Osta dalla Congregazione per le Cause dei Santi in data 28 aprile 2007.

Beata Lindalva Justo De Oliveira

Religiosa professa delle Suore della Carità di san Vincenzo de Paoli. Nata il 20 ottobre 1953 a Sitio Malhada da Areia, Açu, Rio Grande do Norte (Brasile). Morta per difendere la propria purezza il 9 aprile 1993 a Salvador, Bahia (Brasile). È in corso la causa di beatificazione e canonizzazione con nulla osta della Santa Sede in data 19 ottobre 1999. Beatificata nel 2007.



Infine due casi storicamente avvenuti prima della vicenda di Marietta, ma che hanno avuto il nulla osta dalla Santa Sede nel 2005, il primo, e nel 2007, il secondo.

Serva di Dio Barbara Umiastauskaite (Zagariete)

Giovane della diocesi di Šiauliai. Nata nel 1628 a Žvelgaičiai, Joniškio rajonas (Lituania). Morta per difendere la propria purezza nel 1648 a Žvelgaičiai, Joniškio rajonas (Lituania).

Serva di Dio Arcangela Filippelli

Giovane della diocesi di Cosenza – Bisognano. Nata a Longobardi (CS) nel 1852. Morta per difendere la propria purezza il 7 Febbraio 1869 a Russo (Longobardi, CS).

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Bibliografia e fonti

1. AA. VV., Enciclopedia dei Santi “Bibliotheca Sanctorum”, 12 voll., Città Nuova, 1990
2. Alberti Giovanni – Maria Goretti – Arti Grafiche GADI – 2000
3. Aurora B. – Santa Maria Goretti… Storia di un fiore di campo (fumetto in b\n)
4. Bianchi Don Edmondo – Vita do S. Maria Goretti secondo al storia e non secondo i Padri Passionisti – Arti Grafiche Archimio Latina - 2003
5. C.E.I., Martirologio Romano, Libreria Editrice Vaticana, 2007, pp. 1142
6. De Carolis Dino – Maria Goretti. Una santità nel quotidiano – Edizioni Paoline – 2000 (con ricca bibliografia)
7. Ed. Stella del Mare – Marietta, Angelo delle paludi – Vita a fumetti di S. Maria Goretti (a colori) – 1999
8. Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2010
9. Grenci Damiano Marco – Quaderno 24, Lui guarda il cuore (santa Maria Goretti), 24 giugno 2006, 56° della canonizzazione di S. Maria Goretti – Ed. in proprio – pp. 48
10. Grenci Damiano Marco – Quaderno 29, “Obbedire a Dio” (S. Pietro), 22 ottobre 2006 - Ed. in proprio – pp. 36
11. Monti Vincenzo (a cura) – L’iconografia e la storia di S. Maria Goretti da Corinaldo a Nettuno, a Santa nel mondo – Ed. Regione Lazio
12. Picucci Egidio – Santa Maria Goretti – Editrice Tau – 2002
13. Santuario S. Maria Goretti in Corinaldo – S. Maria Goretti (conosci e colora)
14. Sito web di newsaints.faithweb.com

Servo di Dio Augusto Tolton, sacerdote

Il Servo di Dio don Niccolò Olivieri, Santa Maddalena di Canossa e Santa Caterina Drexel, hanno in comune la grazia di essere protagonisti, in diverso modo, del cammino di santità di tre ex schiavi, che in ordine sono: la Serva di Dio Maria Giuseppina Benvenuti, Santa Giuseppina Bakhita e il Servo di Dio Padre Augusto Tolton.

Nel discorso di padre Augusto Tolton, tenuto al primo congresso cattolico negro del 1889 a Washington DC, egli così proclamava: “La Chiesa Cattolica deplora una doppia schiavitù: quella della mente e quella del corpo. Essa cerca di liberarci da entrambe. Io ero un povero schiavo ma i sacerdoti della Chiesa non mi disprezzarono. Fu attraverso l’influenza di uno di essi che sono diventato quello che sono stasera”

La Chiesa Cattolica, nel suo essere santa e peccatrice, è custode del messaggio di Cristo: liberare l’uomo da ogni schiavitù, in primis quella del peccato, e in secondo luogo rendere l’uomo, l’umanità libera da ogni giogo per renderla veramente nuova e santa ad immagine dell’uomo nuovo che è Gesù Cristo.

La seconda metà del secolo XIX vede i natali di tre fiori il color ebano della pelle e per la loro origine africana: due sudanesi e un afroamericano; due spose di Cristo e un “amico della sposo”, un sacerdote. Tre ex schiavi che percorrono la strada per il premio incorruttibile: la comunione vera, libera e liberante in Dio. La santità è una libertà che si gioca nella Verità. "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8, 32)

Era mia desiderio comporre un nuovo quaderno e far conoscere le due “sorelle” del Sudan, ex schiave e sante; ma poi la scoperta di Padre Tolton, il Nulla Osta della Congregazione per la Cause dei Santi in data 28 marzo 2010, con apertura ufficiale del processo diocesano il 24 febbraio 2011, nell’anno che ricorda il 125° dell’ordinazione sacerdotale di Padre Tolton avvenuta a Roma il 24 aprile 1886 nella Basilica di S. Giovanni in Laterano, mi ha fatto pensare di mettere insieme questi tre esempi di santità.

Questa nuovo quaderno vuole raccontare le loro bellissime ed esemplari vite … “Non a noi la gloria, ma gloria a te o Dio, attraverso Gesù Cristo tuo Figlio e Nostro Signore. Padre e Figlio e Spirito Santo, tu sei Dio, che vivi e regni per sempre. Amen”


SERVO DI DIO PADRE AUGUSTO TOLTON
sacerdote diocesano
(1854-1897)




“La Chiesa Cattolica deplora una doppia schiavitù: quella della mente e quella del corpo. Essa cerca di liberarci da entrambe. Io ero un povero schiavo ma i sacerdoti della Chiesa non mi disprezzarono. Fu attraverso l’influenza di uno di essi che sono diventato quello che sono stasera”

Padre Augusto Tolton
(Da un discorso tenuto al primo congresso cattolico negro 1889 a Washington DC)

Padre Augusto Tolton ha la reputazione di essere il primo riconosciuto prete di origine africana negli Stati Uniti dato che suo padre e sua madre erano diretti discendenti di africani che erano stati portati qui come schiavi. L’ordinazione di Tolton fu considerata allo stesso tempo come un’anomalia e un avvenimento sensazionale nell’America del XIX secolo. L’ordinazione di un negro era generalmente ritenuta come qualcosa di inimmaginabile. Altri lo considerarono come una straordinaria conquista. Un prete di pelle nera vestito in abiti sacerdotali era una visione nuova per gli occhi americani, bianchi o neri, ed era ugualmente un’esperienza entusiasmante per i cattolici negri ricevere la Santa Comunione da un prete della loro stessa razza. Tolton era visto come un uomo eloquente e religioso, un’anima innocente, e riceveva ammirazione e rispetto da un lato, e dall’altro disprezzo e dileggio derivati dal clima di separazione razziale imposta a quel tempo.

La sua storia comincia con sua madre che sfugge la schiavitù in Brush Creek, Missouri, con i suoi tre bambini di notte eludendo i cacciatori di taglie confederati che venivano ricompensati per la cattura di schiavi fuggiti. Suo marito Peter Tolton aveva lasciato precedentemente la famiglia per combattere con le forze dell’Unione per la libertà dei negri nella guerra civile del 1861 ma era morto in un ospedale a St. Louis di dissenteria . Martha Jane Tolton attraversò il fiume Mississippi per andare ad Hannibal, Missouri, e poi continuò fino a Quincy, Illinois, dove si trovava una stazione della metropolitana. Là si sistemò con la sua famiglia. I Tolton erano stati battezzati cattolici per ordine della famiglia Elliott cui appartenevano nel Missouri e frequentarono varie Chiese a Quincy mentre Marta Tolton cercava di educare i suoi figli. Ma in ogni scuola che frequentava Augusto era guardato con sospetto e subiva minacce dai suoi compagni e dai genitori di questi. Fu espulso o allontanato successivamente da varie scuole finché un certo padre Peter McGirr ebbe compassione della famiglia e li accolse nella parrocchia e nella scuola di St. Peter a Quincy dove Augusto ricevette la prima Comunione e la Cresima.

Quando Augusto crebbe nella sua giovinezza svolse vari lavori per aiutare a sostentare la sua famiglia. Nel frattempo vari preti di Quincy come pure le suore di Nostra Signora, notarono la sua bravura e innocenza. Lo istruirono nel catechismo, nei classici e nelle lingue. I padri francescani, più tardi fecero sì che lui andasse al Quincy College. Qui Augusto fu assoggettato a sottili insulti e commenti di derisione a causa della sua razza. Ma con l’aiuto dei preti che lo assistevano e delle suore riuscì a sopportare questo ingiusto trattamento senza che lui reagisse, ma non senza lacrime. Padre McGirr e le suore erano decisi a mantenere il diritto dei negri per una educazione cattolica. Augusto primeggiava nelle valutazioni scolastiche al vertice della sua classe. Faceva la comunione ogni giorno e aiutava nell’educazione religiosa dei bambini negri della città.

Impressionati dall’intelligenza e dalla devozione di Augusto, vari preti cercarono di far entrare Augusto in seminario ma ciò risultò impossibile. Dopo vari tentativi rivolgendosi ai seminari diocesani e religiosi da alcuni dei quali non si ebbe alcuna risposta mentre da altri si ebbe un cortese rifiuto specificando che il seminario non era pronto a prendere uno studente negro, i padri francescani attraverso il loro superiore generale riuscirono dopo mesi e mesi di attesa a far accettare Augusto nel collegio gestito dalla Propaganda Fide che preparava seminaristi da inviare in tutto il mondo come missionari. Là Augusto incontrò altri seminaristi africani e seminaristi da tutto il mondo desiderosi di servire, un giorno, la Chiesa come sacerdoti. All’età di 26 anni Augusto andò a Roma per proseguire gli studi verso il sacerdozio nel 1880. Sei anni più tardi il 24 aprile 1886 fu ordinato sacerdote nella basilica di S. Giovanni in Laterano in Roma.

Quelli che lo seguivano nel seminario ritenevano che non avrebbe potuto avere successo negli Stati Uniti per la situazione razziale e l’anticattolicesimo prevalente in quel momento. Pensando che sarebbe stato mandato in Africa, il Cardinale prefetto Giovanni Simeoni sorprese Tolton insistendo che lui tornasse in America. “l’America è stata definita la nazione più illuminata; vedremo se merita tale onore. Se l’America non ha mai visto un prete nero, ne deve vedere uno ora” disse il Cardinale.

Infatti Tolton fu il primo e avrebbe portata la croce di quel fatto durante tutto il suo sacerdozio. Il 18 luglio 1886 padre Tolton arrivò a Quincy e celebrò la sua prima messa davanti a una grande folla di bianchi e negri nella chiesa di S. Bonifacio a Quincy. Fu assegnato il giorno dopo come pastore alla chiesa di S. Giuseppe, una piccola povera parrocchia negra nella stessa città. La parrocchia si era sviluppata dalle classi di catechismo che lui aveva cominciato precedentemente. I bianchi lo cercavano per consigli e frequentavano le sue messe attratti dai suoi sermoni e dalla sua bontà. Col passare del tempo ciò suscitò la gelosia degli altri sacerdoti della comunità e anche di alcuni pastori protestanti che temevano che Tolton facesse del proselitismo o che comunque diffondesse il cattolicesimo tra i neri (”Papismo”).
Padre Augusto fu ammonito alla luce di questi sospetti dal decano del clero locale, una situazione che alla fine il decano riportò al vescovo per una soluzione. Osservazioni che gettavano discredito furono fatte riguardo a padre Tolton in città da alcuni che lo vedevano impegnato a creare una situazione di inaccettabile mescolanza delle razze, anche se non era per niente così. Difatti un gran numero di bianchi veniva volontariamente da Tolton per la S. Messa ed i Sacramenti. Padre Tolton si abituò alle avversità durante la sua breve vita. A parte molti impegni di conferenze anche a un pubblico di soli bianchi, lui visse in un mondo chiuso immerso in povertà e abbandono, un mondo separato dove i negri erano condannati a vivere. Allo stesso tempo come prete si veniva a trovare tra due comunità, una bianca e una nera, e le diverse emozioni tra queste due comunità. Era un’epoca in cui si lottava per avviare il processo di integrazione degli uomini e delle donne dalla pelle nera.

Schiavi ed ex schiavi del XIX secolo avevano una partecipazione approssimativa nella vita sociale americana. Non c’erano leggi che garantissero la loro presenza nella società al riparo da vessazioni. I diritti civili non erano ancora stati coniati nella coscienza sociale popolare. Qualsiasi diritto era ritenuto essere il privilegio dei bianchi in America. Molta di questa apartheid era presente nella pratica se non nella teoria, sfortunatamente, delle varie comunità cattoliche e protestanti.

La carriera sacerdotale di Tolton fu ostacolata dall’isolamento e dalle difficoltà economiche. Le sue lettere a madre Caterina Drexel tradiscono molto delle sue pene in un’era intollerante dal punto di vista sociale. Ciò si dimostrò di enorme peso e potrebbe avere influito su di lui sia fisicamente che dal punto di vista emotivo.
Padre Tolton tuttavia rimase fedele ai suoi voti sacerdotali e rimase un simbolo di lealtà, dignità sacerdotale e costanza in mezzo a tanta sofferenza. Essendo rimasto solo per tanti anni e avendo sparso i semi della Verità; riguardo alla sua razza egli cercò di spiegare che la Chiesa Cattolica aveva i mezzi e le risorse per migliorare il triste destino dei neri in America durante il periodo della Ricostruzione. Tolton cercò pure di imprimere sulla comunità nera un senso di speranza e di fiducia in se stessi attraverso l’educazione e una fede concreta.

“Lavorerò e mi dedicherò fintanto che Dio mi concede vita poiché comincio a vedere che io ho i poteri e le benedizioni per resistere dappertutto e dovunque io vada”.
(Lettera di padre Tolton a madre Caterina Drexel, 5 giugno 1891)

Sentendo che il suo lavoro era notevolmente ridotto a Quincy, decise di accettare, con il permesso dei suoi superiori della Propaganda Fide a Roma, l’invito dell’arcivescovo Patrick Feehan di Chicago di andare a lavorare nella nuova comunità di cattolici negri nel 1889. Nella zona meridionale di Chicago padre Tolton cominciò nel seminterrato della centrale chiesa di S. Maria a svolgere il suo ministero tra i negri già avviato da padre Joseph Rowles sotto il nome di S. Agostino. C’era la spinta per una comunità per i cattolici neri così che padre Tolton ne diresse i lavori di costruzione al numero 36 di Dearborn Street con donazioni da bianchi solidali. La chiesa ebbe ritardi nella costruzione e ricevette il titolo di chiesa di S. Monica. Ma la costruzione di questa chiesa non andò oltre il completamento del suo piano seminterrato dove la comunità si raccoglieva sotto un tetto provvisorio.

Padre Gus (da Augustus) come era chiamato familiarmente era una figura familiare nelle strade e nei viali del ghetto nero. Portò speranza e conforto ai morenti e promesse di giorni migliori ai viventi. Padre Tolton era ben accetto in Chicago dai sacerdoti e dal popolo, tuttavia, era solo nel cercare di dare una qualche sembianza di comunità cattolica nel povero terreno dei quartieri degradati della parte sud della città. Sfortunatamente il suo ministero fu di durata relativamente breve.

Durante la prima settimana di luglio del 1897 Chicago fu colpito da un’ondata di calore per cui molte persone persero la vita sopraffatte dalla calura di quei giorni. I giornali facevano elenchi dei nomi dei morti ogni giorno. Ritornando da un ritiro spirituale per sacerdoti a Bourbonnais, Illinois, il 9 luglio, padre Tolton scese dal treno e fu travolto colto da temperatura di 45° di caldo che ardeva sulla città. Secondo il Chicago Daily News, “il reverendo Augusto Tolton, parroco della chiesa cattolica romana di S. Monica, al 36 di Dearborn Street, è morto al Mercy Hspital alle 8,30 della sera, vittima di un colpo di calore”. Aveva in progettato di fare varie visite a malati nella sua parrocchia prima di mezzogiorno. Aveva 43 anni.

I giornali riferirono di migliaia di persone, assieme con sua madre e sua sorella, a rendere omaggio al defunto sacerdote sia alla chiesa di S. Monica dove era esposto solennemente, che a Quincy dove per una sua precedente richiesta voleva essere sepolto. Un’imponente pietra tombale a forma di croce in anni successivi fu eretta sopra la sua tomba nel cimitero di S. Pietro.

Padre Augusto Tolton dimostrò cosa lo spirito umano può compiere nonostante insormontabili difficoltà, nel suo caso i mali del razzismo e della discriminazione. Padre Tolton dimostrò che i neri potevano essere fedeli impegnati ma anche ministri del Signore e che la comunità cattolica nera ha molto da offrire alla Chiesa se ha il riconoscimento e le opportunità per utilizzare le sue capacità e i suoi talenti. Rimane compito della Chiesa ora riconoscere la sua santità per l’edificazione della Chiesa stessa.

Il ministero pastorale per i negri continuò nella chiesa di S. Monica fino al 1945 quando la chiesa, allora non finita, fu rasa al suolo. La parrocchia fu unita alla parrocchia di S. Elisabetta dove le sorelle del SS. Sacramento di madre Caterina Drexel continuarono a svolgere il ministero dell’educazione nella scuola parrocchiale.

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PREGHIERA PER LA CAUSA DI PADRE AUGUSTO TOLTON

O Dio, ti ringraziamo per il tuo servo e sacerdote Padre Augusto Tolton che lavorò fra di noi in tempi di contraddizione, tempi che furono sia belli che paradossali. Il suo ministero contribuì a gettare le fondamenta per una assemblea veramente cattolica nella fede nel nostro tempo. Noi restiamo nell’ombra del suo ministero. Possa la sua vita continuare a ispirarci e a istillare in noi la fiducia e la speranza per una nuova evangelizzazione della chiesa che noi amiamo.

Padre del cielo, le sofferenze di padre Tolton nello svolgere il suo servizio gettano luce sui nostri dolori; li vediamo così attraverso il prisma della passione e morte di Tuo Figlio. Se sarà la tua volontà o Dio, rendi gloria al tuo servo padre Tolton accordandomi la grazia che ora chiedo per la
intercessione, (nominare la richiesta), così che tutti possano conoscere la bontà di questo prete la cui memoria rimane nella chiesa che lui amò.

Completa quello che hai cominciato in noi così che possiamo lavorare per il raggiungimento del
Tuo regno. Non a noi la gloria, ma gloria a te o Dio, attraverso Gesù Cristo tuo figlio e Nostro Signore. Padre e Figlio e Spirito Santo, tu sei Dio, che vivi e regni per sempre. Amen

Vescovo Joseph N. Perry

Imprimatur : Francis cardinal George, OMI - Arcidiocesi di Chicago, 2010

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SINTESI DELLA VITA DI PADRE AUGUSTO TOLTON

1851
Martha Jane Chisley e Peter Paul Tolton celebrano le nozze nella chiesa di San Pietro, Brush Creek, Missouri
1 APRILE 1854
Augusto Tolton nasce in Missouri da Martha Jane Chisley e Peter Paul Tolton
12 GIUGNO 1870
Prima Comunione e Cresima di Tolton nella chiesa di S. Pietro a Quincy
21 FEBBRAIO 1880
Tolton parte per Roma
8 NOVEMBRE 1885
Tolton è ordinato diacono a Roma
24 APRILE 1886
Tolton è ordinato prete nella basilica di S. Giovanni in Laterano a Roma
25 APRILE 1886
Prima messa nella basilica di S. Pietro a Roma
7 LUGLIO 1886
Prima messa dalle suore francescane a Hoboken, New Jersey
18 LUGLIO 1886
Prima messa alla chiesa di S. Bonifacio a Quincy
25 LUGLIO 1886
Nominato parroco nella chiesa di S. Giuseppe a Quincy
19 DICEMBRE 1889
Comincia il ministero nell’arcidiocesi di Chicago
9 LUGLIO 1897
Muore al Mercy Hospital di Chicago
12 LUGLIO 1897
Funerale nella chiesa di S. Monica al 36 di Dearborn street a Chicago
13 LUGLIO 1897
Funerale nella chiesa di S. Pietro a Quincy

Per riferire grazie spirituali o fisiche ottenute attraverso la preghiera per intercessione di Padre Augusto Tolton, scrivete a:

Ufficio del Cardinale - Arcidiocesi di Chicago
835 N. Rush Street, Chicago, Illinois 60611 - USA