venerdì 12 novembre 2010

Ascesi e morte di san Carlo





Secondo la spiritualità dell’epoca, la peste del 1576 fu percepita da san Carlo come un appello di Dio al senso del peccato, alla conversione, alla penitenza e alla espiazione. Tutto ciò lo portò ad accentuare nella sua vita le pratiche penitenziali e ascetiche: preghiere prolungate, digiuni, veglie notturne, sopportazione delle sofferenze, indifferenza per la propria salute fisica. Ebbe sempre particolare devozione per il Crocifisso, ma negli ultimi anni di vita, attraverso un’ascesi personale molto rigorosa, intensificò la contemplazione della passione del Signore, della valore rendentivo della Croce, del mistero della sua sepoltura, come se volesse identificarsi con Cristo crocifisso. Alla fine di ottobre del 1584, dopo aver visitato per la quarta volta a Torino la Santa Sindone, si ritirò al Sacro Monte di Varallo per gli esercizi spirituali: il suo fisico era già debilitato dalle veglie e dai digiuni e il luogo era umido e malsano. Colto da febbre, venne trasportato a Milano, dove morì la sera del 3 novembre, a soli 46 anni di età. Il papa di allora, Gregorio XIII, informato della morte del Borromeo, esclamò: «Un gran lume si è spento in Israele».
(di mons. Marco Navoni)